"La La Land" come "La febbre del sabato sera": dopo anni torna un disperato bisogno di ballare

"La La Land" come "La febbre del sabato sera": dopo anni torna un disperato bisogno di ballare
Cosa avevano in comune il dopo guerra e la fine degli anni di piombo? La voglia di dimenticare ballando: la scoperta del boogie woogie importato dai soldati americani e la febbre...

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Cosa avevano in comune il dopo guerra e la fine degli anni di piombo? La voglia di dimenticare ballando: la scoperta del boogie woogie importato dai soldati americani e la febbre del sabato sera di John Travolta. Il link è questo: dopo anni di paura, di dolore, di incertezze, i ragazzi degli anni 40 e quelli degli anni 80 decisero di disfarsi del peso che fino ad allora gravava sulla vita quotidiana e si avviarono danzando verso una stagione di nuova leggerezza.


Lo stesso disperato bisogno di leggerezza che sembra emergere nello straordinario successo di un film (nel mondo) e di uno spot (in Italia). Ballando ballando "La La Land" e il danzatore tedesco dello spot Tim rappresentano la stessa risposta agli ultimi anni pesanti, incerti, rabbiosi. Una risposta interclassista, intergenerazionale, come solo il ballo può e sa dare. Lo sa bene la Rai che con "Ballando sotto le stelle" torna a riproporre in questi giorni il suo programma di solido successo.

Leggerezza, e sorrisi in La La Land, anche se il finale del film è malinconico, spruzzato di rimpianto per le occasioni mancate e quel che poteva essere e non è stato. Ma è una malinconia che gira al positivo, perché, in fondo, anche se è andata come è andata, ai due protagonisti è andata bene, proprio come volevano. Lei è diventata una star e lui ha fondato il suo locale.

Quanto allo spot di Tim, anche qui il ballo è collettivo, e la scelta della leggerezza evoca, in fondo, un appello a superare gli individualisimi dei decenni passati. John Travolta ballava da solo, invece i ragazzi che danzano davanti alla sede della Tim di Milano sono tanti, come tantissimi sono gli straordinari ballerini di La La Land. Questi ultimi, bloccati nel bel mezzo di un gigantesco ingorgo a Los Angeles, non scelgono la strada della rabbia come nell'indimenticabile scena dell'ingorgo romano di Fellini ("Roma", 1972), o come fa Michael Douglas in "Un giorno di ordinaria follia". La reazione all'immobilismo imposto, al blocco che vorrebbe lasciare auto e automobilisti cristallizzati sull'asfalto rovente della strada verso Los Angeles non è quella di dar fuori di matto ma quella di muoversi. Con leggerezza, e poiché La La Land è un musical, cantando e ballando. Una metafora suggestiva anche per chi, come noi in Italia, evoca spesso un paese bloccato. Li mandiamo tutti, politici e classi dirigenti, a Ballando sotto le stelle?


Intanto mentre Hollywood apprezza il messaggio light di La La Land consegnando al film sei statuette ma segnalando anche (con l'Oscar a Moonlight ) che i problemi restano tanti, seri e tutti sul tappeto, oggi potremmo concederci una piccola botta di ottimismo, e credere che con il suo film Damien Chazelle abbia davvero colto l'aria del tempo, la voglia di leggerezza, il cambio di passo che, tante volte prima di lui, i registi a Hollywood e non solo a  Hollywood hanno saputo anticipare. Illudersi per una notte da Oscar non è, in fondo, un gran rischio. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero