La fila per morire

 La fila per morire
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 La mattinata comincia alla grande: l'aereo per Palermo doveva partire alle 10, invece si alza da terra (e fortunatamente atterrerà in Sicilia) intorno alle 13,30. Tre ore e mezzo - e vista la mia ansia da partenza anche di più - di nulla. Lettura dei giornali, qualche chiacchierata con i colleghi, l'aeroporto di Fiumicino pian piano si svuota, perché partono tutti gli aerei tranne il nostro. Mah. Nell'attesa ho visto una saletta per fumatori. Cavolo, quasi quasi mi faccio una sigaretta. Sto qua, inganno l'attesa e mi massacro i polmoni. Mi avvicino alla sala e vedo una quindicina di persone davanti a questa gabbia che accoglieva fumo come una nuvola. A stento si distinguevano le persone presenti là dentro. Vabbè. Ho aperto la porta e, mentre entravo, mi sono sentito prendere per il collo della maglia come zio Paperone faceva con Paperino. Che succede, come si permette? Faccia la fila. La fiiiilaaaaaa? La fila per fumare, la fila pure per morire? Pure per questo? Sì, per entrare in quella sala c'era da spettare: uno esce e uno entra, due escono e due entrano. Dentro un massimo di sei persone. Ho aspettato quindici minuti, anche di più per fumare una sigaretta. Facendo la fila. Ci si mette meno a pagare una bolletta. Ma il problema vero è che io, quella fila, l'ho pure fatta. Un deficiente. 
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Il Messaggero