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Torino-Milano, un derby automobilistico tutto made in Italy. Uno scontro-incontro che, all’inizio dello scorso secolo, salì alla ribalta planetaria, puntando sull’innovazione e sull’eccellenza. Nell’anno 1900 Alfa e Lancia non erano ancora nate. E per vedere Ferrari e Lamborghini, simbolo della Motor Valley, bisognava attendere almeno 5 decenni. Sulla direttrice che unisce la due laboriose città del nord Italia, invece, il mito dell’automobile già ribolliva di sogni e di passione. Da una parte, la motorizzazione di massa della Fiat, diventata in fretta uno dei pilastri della mobilità, insieme a Ford e General Motors. Dall’altra, i capolavori della sportività e del lusso, Isotta Fraschini ed Alfa Romeo, apprezzati in tutto il mondo di allora non ancora globale per le vittorie e i record. Non solo di velocità, ma anche di prezzo.
Nel luglio del 1899 fu fondata nel capoluogo piemontese la Fiat. Solo 6 mesi dopo, all’alba del Novecento, rispose quello lombardo con la nascita dell’Isotta Fraschini.
Ma fu nel 1908 che una vettura milanese conquistò la ribalta internazionale, stabilendo negli Stati Uniti il primato di velocità di 105 km/h. All’inizio degli anni Dieci la Fraschini si comportò egregiamente ad una delle prime edizioni della 500 Miglia di Indianapolis, la corsa su pista più antica del mondo (la prima edizione risale al 1911). L’affermazione definitiva, però, arrivò dopo la Prima Guerra quando l’ingegner Cattaneo, ingegnere capo della blasonata casa, presentò (nel 1919) la Tipo 8, prima vettura di serie con motore otto cilindri: una cosa mai vista. Ne la britannica Rolls, ne la tedesca Maybach, simbolo della tecnologia british e teutonica, potevano vantare in listino un gioiello del genere che diventò la 4 ruote più costosa ed ambita della terra. E nasceva nelle prestigiose officine di via Monterosi a Milano. Isotta rimase in vita un anno in meno di mezzo secolo, attraversando da protagonista due guerre infernali.
A settembre del 1949 fu nominato il curatore giudiziale ed interrotta definitivamente la produzione. Isotta nel corso della sua avventura ebbe due punti fermi. Il legame con Milano e la fama in America con Ford che tentò invano di comprarla per dare stabilità economica ad un salotto di opere d’arte. Nel periodo fra le due Guerre non era affatto facile per le aziende estere venire a fare business nella Penisola e l’industria nazionale attraverso il Ministero per la Guerra respinse i tentativi di Detroit di mandare la storia in modo diverso. Un amore per il fascino tricolore che l’Ovale Blu non riuscì a coronare in nozze neanche con la Ferrari e l’Alfa Romeo.
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