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Giovedì scorso Chiara Ferragni ha indetto una conferenza stampa per annunciare che devolverà il suo cachet del Festival di Sanremo in beneficenza, e in particolare alla rete antiviolenza D.i.Re.. Una causa nobile, quella della lotta alla violenza sulle donne, oltre che un tema delicatissimo, purtroppo di grande attualità. Ferragni non è certo nuova a queste iniziative: con il marito Fedez durante la pandemia organizzò una raccolta fondi da record per l'ospedale San Raffaele di Milano.
Ne è nata comunque una polemica, dovuta ai metodi con cui l'influencer ha pubblicizzato il suo impegno. Sulla sua gazzetta ufficiale, ovvero su Instagram, Ferragni (sostenuta anche da diversi pubblicitari) ha spiegato che non è vero che la beneficenza si fa e non si dice, anzi: «Se raccontare la beneficenza diventasse normale, cool e perfino virale?», si chiede. Ora, la beneficenza è da sempre un modo utilizzato dai vip per guadagnare popolarità, e ci sta. Qui il cortocircuito sta nel fatto che nel modello economico di cui Ferragni è la massima esponente, la popolarità è il business per eccellenza, che rientra in precise logiche commerciali. Così come mostrare la tenerezza dei propri figli porta a maggiori guadagni (forse anche questo rientra nel dare il buon esempio?). Perciò bravissima Ferragni a fare beneficenza. Ma si può, almeno per un attimo, pensare che questo slancio di bontà non sia poi così disinteressato
andrea.andrei@ilmessaggero.it
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