Il linguaggio dell'amores

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Diario Euro 2016 ventiseiesimo giorno Ci sono quelle serate che ricordi più di altre, forse perché magari sei...

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Diario Euro 2016 ventiseiesimo giorno

Ci sono quelle serate che ricordi più di altre, forse perché magari sei meno stanco del solito. Perché azzecchi il ristorante giusto, la migliore compagnia, dove i colleghi diventano amici e non più solo colleghi. Perché in fondo, con loro passi più tempo che con un amico normale, specialmente da un mese a questa parte. Ecco, diciamo che con tanti giornalisti della Rai, ad esempio, sono più in sintonia, perché li conosco da più tempo e ricordo quando ero agli inizi e pure qualcuno di loro lo era, e tra questi c'è chi il mio inizio lo ha accompagnato ed era già qualcuno e ora mi guarda in faccia e nota sulla mia testa qualche capello bianco in più. La serata va via serena in loro compagnia. C'è Alessandro, c'è Alberto, poi Aurelio, poi ci sono Pino e Bruno, c'è Donatella, bravissima inviata e tanti altri. Poi c'è Amedeo, che è diventato il protagonista della serata perché tutti i suoi compagni di viaggio/colleghi hanno deciso che era il suo compleanno. Ma ovviamente non lo era. Eppure c'era il "tanti auguri", i cori per lui, la torta, i cappellini, le foto, tutto come in una festa.

C'è una cameriera, molto carina. Marocchina, residente a Montpellier, parlava un mezzo spagnolo e si fa capire. Ha un sorriso che ti incolla e un giovanissimo collega, non della Rai, si è letteralmente incollato a lei. Cercando di parlare pure lui spagnolo e, assicuro, non conosce una mezza parola. «Io te piaccio?», le ha chiesto. Te piaccio, perché dovrebbe sembrare spagnolo? Piuttosto è più più simile al romano che non allo spagnolo. Lei non capisce. La domanda viene ripetuta con altre parole. «Tu me gradisci?». Una lingua che non è una lingua, insomma. Sarà il linguaggio spinto dall'amore. Alla fine la poverina ha capito (in effetti non ci voleva tantissimo). Il ragazzo incassa un numero di telefono, lo prova. «Tuuu, tuuu, tuuu, squillas». Certo, ci mancava la S: andiamos, carichiamos, giocamos, mo pure squillas. Siamo qui da quasi trenta giorni, sarà la terza ragazza (una cubana, una marocchina e una francese) di cui, questo tizio, si innamora. Ha fatto la collezione di numeri di telefono e di profili Facebook. Ma poi, al dunque, niente. Almeno sta imparando le lingue. Basta aggiungere una S.           Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero