Ascoltiamo la mamma di Lavagna (e caro Saviano finiamola con l'ipocrisia)

Ascoltiamo la mamma di Lavagna (e caro Saviano finiamola con l'ipocrisia)
«Vogliono farvi credere che fumare una canna è normale, che faticare a parlarsi è normale, che andare sempre "oltre" è normale. Qualcuno vuole...

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«Vogliono farvi credere che fumare una canna è normale, che faticare a parlarsi è normale, che andare sempre "oltre" è normale. Qualcuno vuole soffocarvi». Sono parole di una madre e dovremmo inciderle nei nostri cuori, ripeterle a quanti sono sempre pronti a considerare "normale" quel che normale non è. La madre del sedicenne che si è tolto la vita a Lavagna, durante una perquisizione della Guardia di Finanza che gli aveva trovato addosso dieci grammi di hashish, non parla "per sentito dire". Parla perché giorno dopo giorno ha visto allontanarsi da lei suo figlio, quel ragazzino che, come scrive «aveva un vuoto dentro».


A sedici anni si è spesso infelici e l'infelicità si propone in una vasta gamma di stati d'animo, si va dalla rabbia al vuoto esistenziale. Il mercato, da tempo, ha una vasta gamma di prodotti in offerta, buoni per ogni malessere e per ogni età: canne, ecstasy, sesso da condividere su Instagram o WhatsApp. Di fronte a una stagione della vita che si accompagna da sempre all'infelicità (Leopardi era un teen ager particolarmente sensible) gli adulti offrono la banalità del male: legalizziamo il fumo e tutto si risolve. Come se sostituire alla criminalità organizzata altri più rispettabili investitori (magari multinazionali con leader carismatici) costituisse l'unica soluzione del problema. Io invece sto con la mamma di Lavagna quando ringrazia la guardia di Finanza per averla ascoltata,
«per aver ascoltato l'urlo di disperazione di una madre che non poteva accettare di vedere suo figlio perdersi».


Racconta, la mamma di Lavagna, di aver
«provato con ogni mezzo a combattere la guerra contro la dipendenza. Prima che fosse troppo tardi». Era sola. Altri genitori le avrebbero detto: «Che vuoi che sia. Le canne ce le siamo fatte tutti». Ignorando che, anche in questo settore, il passato non è piu quello di una volta. Da sola, la mamma ha chiesto aiuto come si fa nei piccoli centri, nei paesi. Ha chiesto aiuto all'autorità e l'autorità l'ha aiutata nel modo in cui poteva farlo. Suo figlio, drammaticamente, non ha retto alla prova e ora la madre fa l'unica cosa possibile: parla ai ragazzi come lui, ai genitori come lei, per fare in modo che il suo strazio serva a qualcosa. Io sto con la mamma di Lavagna e vorrei che, di fronte al suo dolore, cercassimo risposte vere e non soluzioni comode. Utili al più grande business legalizzato del futuro, forse. Inutile per i sedicenni che continuerebbero ad allontanarsi, da noi e dalla realta. Arricchirebbero lo Stato e qualche multinazionale invece che la camorra o la 'ndrangheta? Non credo. Business must go on. Semplicemente, ci sarebbero più invitati alla torta dei profitti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero