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Quella che si va prospettando è una strage. Sì perché, per contenere il numero dei daini presenti nel territorio del Parco, è stato deciso l'abbattimento. «Sono troppi, compromettono l'habitat e poi non sono nemmeno autoctoni». Così si è giustificato il Parco del Delta del Po a seguito delle vibranti proteste degli animalisti che vorrebbero salvi tutti gli esemplari. La stragrande maggioranza dei daini presenti in Emilia Romagna, è nei confini del Parco e l'ipotesi avanzata dalle associazioni che ne prevedeva lo spostamento in altre regioni, non sarebbe percorribile né, spiega la direzione del Parco, risolverebbe il problema. Le disposizioni dettate da Ispra, infatti, limitano gli spostamenti ad un numero massimo di 30 capi.
Lo scontro
E qui, come ribadito, si tratta di centinaia e centinaia di esemplari. A questo punto, l'affidamento ad aziende agricole che prevedono il macello degli animali, è sempre più vicino. Ma come si è arrivati a questo punto? I daini presenti in quelle aree sono considerati "specie aliena". Non originari di quei luoghi che dal Ravennate arrivano fin sul Ferrarese, erano stati in qualche maniera introdotti dall'uomo negli anni '90. Da lì, grazie alle fughe dalle aziende che li detenevano e alla mancanza del lupo, predatore di daini e cinghiali per eccellenza, riprodursi a dismisura è stata soltanto una questione di tempo.
«Se non facciamo qualcosa, ha tenuto a sottolineare il direttore dell'Ente Parco Massimiliano Costa, da qui a pochi anni, tutto il bosco sarà devastato». Così, mentre per i Bambi devastatori le ore sarebbero contate, gli animalisti insorgono e chiedono di trovare soluzioni alternative. «Davvero, questa è la sola soluzione possibile?». E poi, «Non si poteva intervenire con sterilizzazioni e trasferimenti mirati prima di arrivare all'emergenza?». Forse. Nel frattempo, i daini, ignari di ciò che li aspetta, brucano.
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