Arriva l'olio nuovo, + 80% di produzione dopo il crollo del 2018

Arriva l'olio nuovo, + 80% di produzione dopo il crollo del 2018
Al via la vendita dell'olio nuovo in tutte le regioni con la produzione di extravergine stimata nel 2019 in aumento dell'80% dopo il crollo storico registrato lo scorso...

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Al via la vendita dell'olio nuovo in tutte le regioni con la produzione di extravergine stimata nel 2019 in aumento dell'80% dopo il crollo storico registrato lo scorso anno. Emerge da un'analisi di Coldiretti su stime Unaprol/Ismea diffusa nella giornata dedicata all'olio nuovo nei mercati di www.campagnamica.it, da Roma a Milano, da Padova a Brindisi in occasione del giro di boa della raccolta delle olive che è stata completata per oltre il 50%.


    
«A livello nazionale si punta - sottolinea la Coldiretti - ad una produzione di oltre 315 milioni di chili, che resta comunque notevolmente inferiore alla media dell'ultimo decennio. I primi dati globali provvisori per i principali concorrenti dell'Italia su scala mondiale relativi alla stagione di raccolta dell'olio di oliva 2019/20 evidenziano che la Spagna dovrebbe produrre 1.35 milioni di tonnellate di olio d'oliva, un po' meno rispetto al 1.77 milioni di tonnellate dell'anno precedente mentre la Grecia raggiungerebbe le 300mila, in crescita rispetto alle 185.000 tonnellate dell'anno precedente». «Nel confronto con il 2018 - viene spiegato - la produzione torna a crescere al Centro Sud dove si concentra gran parte del raccolto nazionale mentre è prevista in discesa al Nord».

Stando alle stime di Coldiretti, a pesare sul mercato è il basso prezzo di olive e olio riconosciuto agli agricoltori già ad inizio campagna con valori che sono al di sotto dei costi di produzione, in calo fino al 40% rispetto allo scorso anno in Puglia dove si produce oltre la metà dell'olio di oliva Made in Italy.  
«Nei soli primi otto mesi dell'anno si registra - denuncia la Coldiretti - un balzo del 48% nell'arrivo dall'estero di olio iberico per un quantitativo di ben 280 milioni di chili, spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali e mondiali».     Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero