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«Rianimato con il massaggio cardiaco, ricoverato prima in un piccolo ospedale e poi trasferito d'urgenza in una struttura internazionale: i sanitari cubani hanno tentato di tutto per salvare la vita a mio cugino Germano, ma le sue condizioni si sono rapidamente aggravate fino all'esito fatale che nessuno di noi poteva immaginare e che ci ha lasciato sgomenti».
Da Pescara emergono nuovi dettagli sul dramma vissuto a Cuba da Germano Mancini, il 50enne maresciallo dei carabinieri, originario del capoluogo adriatico, deceduto dopo quattro giorni di cure nell'isola caraibica. Una vita e una carriera vissuta in Veneto, la sua, dopo aver lasciato Pescara nell'inverno 1994. Dopo 16 anni passati nel ruolo di vice, un paio di mesi fa era stato promosso comandante della Stazione carabinieri di Scorzè e per festeggiare l'evento e per riposarsi aveva deciso di fare questo viaggio, lui che non amava spostarsi e che si fidava poco degli aerei, accettando l'invito di un suo amico che da anni voleva portarlo a Cuba.
«Era arrivato lì intorno a Ferragosto, ci aveva detto che uno della comitiva di suoi amici veneti ha una compagna cubana e questo aveva favorito l'organizzazione della vacanza - ha spiegato il cugino Marcello -. Il gruppo aveva preso una casa in affitto e Germano ci aveva raccontato delle prime belle escursioni in alcune località dell'isola.
Secondo le autorità cubane la morte di Germano Mancini sarebbe sopraggiunta per contagio da vaiolo delle scimmie, anche se a determinare la crisi fatale pare sia stata una broncopolmonite. Una crisi improvvisa che lascia pensare che il maresciallo abbia contratto il virus letale già prima di partire per Cuba. «In famiglia siamo convinti che sia andata così, Germano era arrivato a Cuba da tre giorni quando si è sentito male e sappiamo che il periodo di incubazione per questa patologia va dai 5 ai 21 giorni». Ipotesi, questa, presa seriamente in considerazione anche dalle autorità sanitarie del Veneziano che, sulla scorta di quanto accaduto a Germano Mancini, hanno avviato una campagna di screening e di vaccinazione sul territorio.
La scomparsa di Germano ha suscitato cordoglio a Pescara anche a livello istituzionale. Come ha spiegato l'assessore comunale Eugenio Seccia, «la famiglia Mancini è fortemente radicata nel quartiere di San Silvestro al punto da dare il nome a una delle contrade ed è nota per il sostegno sempre dato a tante iniziative solidali per la comunità». Famiglia ora chiusa in un composto dolore e in stretto contatto con la Farnesina per la procedura di rientro della salma in Italia. «I quattro fratelli di Germano - Daniele, Massimo, Dante e Giuseppe - si stanno occupando delle pratiche - ha detto ancora Marcello -. La loro, anzi nostra prima preoccupazione adesso è di evitare che l'anziana mamma Elisa non venga a sapere della tragedia: ha 88 anni e ha problemi di salute, vogliamo proteggerla da emozioni troppo forti». Marcello Mancini conferma la volontà della famiglia di riportare la salma in Veneto, «la vita di Germano era lì, a Noale, dove si trovano il figlio ventenne e l'ex moglie, e lì vogliamo che riposi».
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