CHIETI - «Voi mi adorate? E allora vedete che la cosa è reciproca?». È uno dei suoi personaggi più noti, il Furio di "Bianco, rosso e Verdone", a far conquistare a Carlo...
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A lui basta poco per aprirsi, svelare il segreto di quel libro «vero e sincero, in cui racconto tutto ciò che non voglio dimenticare della casa in cui sono cresciuto. È uno specchio molto nitido della mia anima». Un omaggio ai genitori, cui era legatissimo, e al suo carattere: «Sempre melanconico, ma dotato di grande ironia. Il mio temperamento e il mio umore - spiega il regista - appartengono più ai miei primi filmetti sperimentali, girati con una camera venduta da Isabella Rossellini». Eppure, il grande pubblico lo ha amato soprattutto per la comicità dei suoi tormentoni. «Alcuni li ho inventati io - confessa - ma la maggior parte li sentivo nei discorsi degli altri». E via a raccontare la genesi del maniaco del controllo Furio o l’emigrante Pasquale Ametrano. E dopo 38 anni di carriera, Verdone non ha dubbi: «Se dopo 38 anni sono qui, non è stata fortuna ma è per il mio modo di vivere, mai da protagonista». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero