La famiglia della trans morta: «Non abbiamo fatto noi il manifesto funebre di Alessia»

Alessia Ortense, la trans morta a Pescara La famiglia della trans morta: «Non abbiamo fatto noi il manifesto funebre di Alessia»
«Non abbiamo avuto nessun ruolo nella scrittura dell’unico manifesto funebre affisso che è stato il frutto di un gesto di buon cuore in favore della nostra...

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«Non abbiamo avuto nessun ruolo nella scrittura dell’unico manifesto funebre affisso che è stato il frutto di un gesto di buon cuore in favore della nostra famiglia che versa in gravissime condizioni economiche». La famiglia Ortense di Pescara interviene così sulla vicenda del manifesto funebre in cui la loro Alessia è stata ricordata con il nome di Dino, quello ufficiale che risulta all'Anagrafe.


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La comunità trans è insorta parlando di «scelta negata» per la ragazza che aveva voluto vivere pienamente la propria identità femminile. Dure prese di posizione sono state espresse al riguardo sul web e su questa pagina ma la famiglia di Alessia prende oggi le distanze da quel manifesto con una spiegazione chiara: «Senza l’intervento di questa generosa persona, che purtroppo non era a conoscenza della trasformazione di Alessia, la nostra amata figlia e sorella non avrebbe avuto alcun manifesto e soprattutto non avrebbe avuto alcun funerale» dicono i parenti parlando di «errore totalmente in buona fede perché sul certificato di morte e all’anagrafe è ancora riportato il nome di nascita e la famiglia semplicemente non ha pensato che potesse verificarsi un tale malinteso, fornendo peraltro la più bella tra le foto ritraenti Alessia».

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Circostanza evidenziata da Giovanna Giò Miscia che non a caso ha attribuito l’accaduto non ad una precisa volontà della famiglia, ma piuttosto a una scelta inconsapevole. Scelta, si apprende ora, nella quale la famiglia non ha avuto nessun  ruolo. «Mai avremmo pensato di doverci difendere da una gogna mediatica in un momento di grande dolore, venendo tacciati di omotransfobia» dicono i parenti di Alessia replicando a Daniela Lourdes Falanga, Giovanna Giò Miscia e Vladimir Luxuria e i post dell’Arcigay di Chieti per i loro commenti «senza che ci fossero state chieste spiegazioni». E concludono: «Chi ha avuto modo di conoscere Alessia in vita, sa perfettamente quanto le siamo stati sempre vicini accompagnandola nel suo percorso di trasformazione e condividendo sempre la sua scelta perché era nella sua natura vivere in una identità di genere diversa da quella della nascita ed era, anche per questo, amata da tutti noi. Ci lasciano quindi sgomenti e ulteriormente addolorati i continui attacchi». Dichiarazioni per le quali si chiedono le scuse «nella speranza di mettere così fine ad una grave ingiustizia verso una famiglia che vuole solo trovare la forza di affrontare il dolore per la prematura scomparsa di Alessia e di andare avanti». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero