Canzio: «La Cassazione non fa prescrivere i processi del sisma»

Canzio: «La Cassazione non fa prescrivere i processi del sisma»
PESCARA - Li considera gli anni più significativi della sua cinquantennale carriera di magistrato, quando era presidente della corte d'Appello aquilana, dal 2009...

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PESCARA - Li considera gli anni più significativi della sua cinquantennale carriera di magistrato, quando era presidente della corte d'Appello aquilana, dal 2009 al 2011: gli anni del sisma che ha distrutto il capoluogo abruzzese e quelli della ripresa della giurisdizione con una rapidità di tempi in cui nessuno sperava e che ha reso possibile avviare le investigazioni, gli accertamenti e i primi giudizi in tribunale, in Corte d'Appello poi e ora in Cassazione.


«In quegli anni ho capito cosa significasse il dolore delle persone e cosa volesse dire il dovere di fare veramente per la collettività». A parlare è Giovanni Canzio, primo presidente della Corte di Cassazione, ospite al convegno La sete di giustizia e la voglia di democrazia, organizzato al Liceo Classico D'Annunzio di Pescara, alla presenza del vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini e del sottosegretario alla Giustizia, Federica Chiavaroli. Sul rischio di prescrizione per le vicende dei crolli post sisma, Canzio è altrettanto chiaro: «I tempi della Cassazione sono brevissimi e non è questa la sede dove si prescrivono i processi».Canzio, come Legnini, come il rettore di Teramo Luciano D'Amico e il primo cittadino di Pescara Marco Alessandrini che fa gli onori di casa, si rivolgono a una platea formata soprattutto da studenti, interlocutori privilegiati chiamati a pretendere i diritti fondamentali che la Costituzione contiene tutti.

E la sete di giustizia, in questo che Legnini definisce «un Paese più ingiusto in un mondo più ingiusto dove la forbice della disuguaglianza è sempre più larga», viene presentata dai relatori come una condizione innata di esistenza. Le domande di giustizia e di rispetto dei valori della democrazia sorgono dall'ingiustizia, conseguenza della grave crisi economica che ha scardinato i punti fermi di una società i cui principi fondanti sembrano dileguati. Ma è vero anche il contrario: sentiamo che una cosa è ingiusta perché abbiamo già un senso della giustizia, non come concetto definito, ma come una sete che è criterio. La domanda di giustizia è una reazione attiva e creativa, non rassegnata, dicono.


Legnini, fra l'altro, mette l'accento sul rapporto fra democrazia e cyberspazio, divenuto immenso contenitore delle nostre vite e anche delle attività illecite. Tanto per dire di come i diritti, i principi di giustizia e democrazia (e concetti come il libero accesso alla Rete, la trasparenza dell'informazione, il diritto alla riservatezza) vadano declinati alla contemporaneità e rimodulati in base alle continue trasformazioni della società. «È tutto scritto nella nostra Costituzione, c'hanno pensato i nostri Padri costituenti. Sta a noi e soprattutto ai giovani - conclude Legnini - acquisire la consapevolezza di potercela fare». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero