Covid, morta la mamma dell'avvocato Giordano: «L'inefficienza pubblica uccide più del virus»

Con una lettera aperta pubblicata sul suo profilo Fb che l’avvocato Domenico Giordano, docente universitario in Diritto commerciale all’Università di Teramo, si...

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Con una lettera aperta pubblicata sul suo profilo Fb che l’avvocato Domenico Giordano, docente universitario in Diritto commerciale all’Università di Teramo, si è rivolto al sindaco Gianguido D’Alberto, al manager della Asl, Maurizio Di Giosia, e al nuovo direttore sanitario, Maurizio Brucchi, per denunciare le «gravi carenze della medicina del territorio» dopo un suo recente lutto in famiglia dovuto proprio al Covid-19.

 

Lo 6 novembre sua madre è morta il giorno dopo essere stata ricoverata in ospedale e dopo «un rimbalzo di competenze, tra medico di famiglia, 118, Usca e guardia medica che non ha mai risposto alla telefonata», e con il padre che ancora oggi si trova in ospedale, positivo al coronavirus. «A Teramo – scrive Giordano - non funziona la cosiddetta medicina del territorio; cioè non funzionano tutte quelle strutture che dovrebbero prendersi cura dei malati prima che si aggravino e giungano in condizioni disperate in ospedale. Non ci vuol molto per comprendere che i medici di famiglia dovrebbero visitare i loro pazienti, interpretarne i sintomi e fare subito i tamponi, in modo da distinguere il Covid da un banale malessere stagionale. Si dice che gli ospedali sono in affanno in questo periodo, ma è inevitabile che ciò accada se chi dovrebbe intervenire prima non si attiva».

 

Una lettera lunga che ha già superato i 580 like, ma ciò che più lascia perplessi sono i commenti. «L’Usca fa i tamponi con grandissimo ritardo, lo sanno tutti i malati ma anche i genitori dei bambini che vanno a scuola, gli insegnanti ed i presidi». Il risultato del tampone fatto a sua madre, per esempio, non è mai arrivato in tempo. «L’inefficienza pubblica uccide più del Covid, che se diagnosticato per tempo si gestisce – prosegue - Chi ha la sventura di contrarre il virus e non viene ospedalizzato è costretto a combattere la propria guerra da casa. Sulle famiglie grava tutto il peso dell’assistenza. Non tutti sanno usare l’ossigeno, fare le punture di eparina o far fronte alle innumerevoli difficoltà generate da una malattia dai molteplici sintomi e dalle innumerevoli complicanze. Noi non siamo medici ma avvocati, commercianti, operai». Quello che oggi Giordano tiene a precisare è che la sua vicenda personale se la vedrà lui, «non c’entra niente», dice, «io mi sono sentito in dovere di segnalare quest’altro problema che fin quando non ci passi, non ne sei consapevole». 

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Il Messaggero