Malore in casa, gli amici trovano morto Thanks God. Aveva 30 anni

Malore in casa, gli amici trovano morto Thanks God. Aveva 30 anni
SULMONA Ha accusato un malore nel pomeriggio di ieri mentre era in casa con alcuni suoi connazionali e coinquilini: per Thanks God, 30 anni, nigeriano, non c'è stato...

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SULMONA Ha accusato un malore nel pomeriggio di ieri mentre era in casa con alcuni suoi connazionali e coinquilini: per Thanks God, 30 anni, nigeriano, non c'è stato nulla da fare. Il suo cuore ha smesso di battere prima dell'arrivo dei soccorsi chiamati dai suoi compagni non appena il giovane ha accusato il malore. A provocare la morte è stato un edema polmonare, anche se il trentenne era in perfetta salute e fino all'altro giorno era davanti ad un supermercato di via Sallustio, il suo posto di lavoro che integrava con qualche lavoretto occasionale.

ll decesso è avvenuto nell'abitazione di via Fiume che Thanks God divideva con tre connazionali. Due stanze al primo piano e un buco senza finestre a piano terra, dove era stato arrangiato un posto letto. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Sulmona, il magistrato Edoardo Mariotti e i medici legali della Asl e della procura Donatella di Loreto e Ildo Polidoro. Al termine della ricognizione cadaverica il magistrato ha disposto il trasferimento della salma per l'autopsia, prevista oggi. Sarà importante capire i risultati degli esami tossicologici che verranno disposti, per capire cioè se e quali sostanze il trentenne abbia eventualmente assunto e se queste hanno causato il malore e il decesso.

I suoi coinquilini, ascoltati a sommarie informazioni, in questo, non sono stati molto utili. Nell'appartamento di via Fiume gli inquirenti non hanno trovato sostanze stupefacenti, anche se sono stati eseguite accurate perquisizioni. Thanks God era immigrato a Sulmona nel 2016, molto conosciuto in città, piccoli precedenti di polizia per detenzione di droghe leggere, era stato ospite del Centro di accoglienza della Casa Santa dell'Annunziata prima che venisse chiuso. Quando il periodo di accoglienza assistita era finito, lui come altri suoi connazionali, ottenuto il permesso di protezione internazionale, aveva deciso di rimanere a Sulmona: una città di provincia nella quale tutto sommato si era trovato bene e dove aveva stretto diverse amicizie. «Ragazzi educati - racconta un vicino di casa non hanno creato mai problemi di ordine pubblico, anche se, come è nella loro cultura, qui era un viavai di gente».
Patrizio Iavarone

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Il Messaggero