Omicidio della pittrice, tenta il suicidio in carcere il figlio condannato a 20 anni

Delitto della pittrice, il figlio Simone tenta il suicidio in carcere
Simone Santoleri ha tentato il suicidio in carcere ingerendo dei farmaci, ma la notizia si è appresa solo ieri, a distanza di tre giorni da quando è accaduto. Dal...

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Simone Santoleri ha tentato il suicidio in carcere ingerendo dei farmaci, ma la notizia si è appresa solo ieri, a distanza di tre giorni da quando è accaduto. Dal penitenziario di San Donato a Pescara, dov’è rinchiuso, nessuno ha avvisato né il difensore di Simone, l’avvocatessa Cristiana Valentini, né tantomeno il garante regionale dei detenuti, Gianmarco Cifaldi, entrambi tenuti ad avere la comunicazione tempestiva. Sono loro stessi a confermarlo.

Simone è accusato di aver ucciso la madre, la pittrice Renata Rapposelli, con la complicità del padre. Vicenda per cui sono stati condannati in primo grado.

 

E’ successo martedì pomeriggio. Così come spiega anche la Valentini, «tra l’ansia che Simone aveva per la sentenza di secondo grado e l’angoscia che, invece, provava per la mancanza di comunicazione a causa del malfunzionamento del sistema in aula, si è scatenata la tempesta perfetta con la comunicazione arrivata di punto in bianco del trasferimento nel carcere di Reggio Emilia senza alcun giustificato motivo, dove non avrebbe più potuto vedermi in un momento così delicato».

Simone, insomma, martedì si sarebbe sentito perso alla notizia del trasferimento dal carcere di Pescara e anche quel mondo fragile, fatto di amicizie coltivate tra reticenze e piccole concessioni, gli sarebbe crollato addosso. Dopo aver ingerito i farmaci, sono stati gli stessi detenuti a dare l’allarme, poi l’arrivo del medico di guardia e la corsa all’ospedale di Pescara dov’è ancora ricoverato, ma sta meglio. Dalla sua parte, oggi, oltre al difensore c’è anche il garante dei detenuti che annuncia azioni per chiedere formali spiegazioni su quanto accaduto, dopo che proprio lui, vista la situazione, aveva rafforzato la sorveglianza per Simone. Un detenuto molto collaborativo all’interno del carcere, che ha anche ripreso a studiare per un secondo diploma di scuola superiore.

 

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Il Messaggero