Teramo, uccise il padre: architetto verso il processo Il giallo dei 400mila euro mai ritirati

Giovanni Di Martino, la vittima. Teramo, uccise il padre: architetto verso il processo Il giallo dei 400mila euro in banca mai ritirati
A quasi nove mesi dal giorno in cui il meccanico 73enne di Silvi Marina, Giovanni Di Martino è morto dopo essere stato trasportato in ospedale dal figlio Giuseppe mentre...

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A quasi nove mesi dal giorno in cui il meccanico 73enne di Silvi Marina, Giovanni Di Martino è morto dopo essere stato trasportato in ospedale dal figlio Giuseppe mentre era ormai in arresto cardiaco, la Procura ha chiuso le indagini. Unico indagato è proprio il figlio accusato di omicidio volontario aggravato dal rapporto di parentela. Per il pm Enrica Medori è lui che ha ucciso suo padre la notte del 13 giugno nella loro casa a Silvi in via Dante Alighieri 47. Dallo scorso 15 luglio Giuseppe, architetto 46enne che all’epoca dei fatti era tornato in Italia dal Brasile da circa un anno, si trova agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico.

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Con lui in casa c’è sua madre, Anna Ramogida, la donna che ha sempre sostenuto di aver difeso quella notte dalla rabbia del padre che voleva picchiarla. È questa la tesi che pure la difesa del 46enne (l’avvocato Marco Pierdonati) sosterrà per puntare ad ottenere, quando si arriverà a processo, il massimo dello sconto in caso di condanna. La Procura è pronta a chiedere entro i tempi previsti il rinvio a giudizio per l’architetto che dovrà difendersi dall’accusa di aver ucciso a sangue freddo il padre durante un litigio, probabilmente per una questione di soldi (400 mila euro di risparmi di Giovanni cointestati con la moglie, che la donna non riesce ancora a riscuotere). Tutto è avvenuto la notte in cui madre e figlio erano pronti a lasciare la casa per trasferirsi a Domodossola.
Uccise il padre durante una lite, lascia il carcere dopo un mese

La versione concorde di Giuseppe e di sua madre Anna è che quella notte l’anziano è caduto accidentalmente in seguito ad una lite proprio con il figlio. Ma sin dall’inizio la Procura non ha mai creduto a questa storia, contestando l’omicidio volontario perché sulla testa del meccanico c’erano ferite che lasciavano pensare ad un’altra ricostruzione con tracce di sangue ovunque in casa, persino nel freezer su una sacca di ghiaccio istantaneo. Giuseppe sin da subito ha raccontato di aver afferrato il padre al collo dopo essersi intromesso in un litigio tra i genitori. Poi, però, ha detto anche che Giovanni è caduto e ha sbattuto sul tavolino. Ma lui nell’immediatezza dei fatti ha pensato alle condizioni della madre che precedentemente era stata presa a schiaffi e tirata per i capelli. Di questo non è risultato nulla ai sanitari che hanno visitato la donna a distanza di qualche giorno su disposizione della magistratura. Madre e figlio hanno raccontato ancora che la decisione di portare in auto Giovanni è stata dettata dal fatto che secondo loro l’ambulanza un anno prima sarebbe arrivata in ritardo in una precedente richiesta di soccorso.
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Il Messaggero