Scherza col cuoco/ Lo psicodramma va in scena quando ci si mette a tavola

I biscotti madeleine
L'AQUILA - Quando ci sediamo attorno a una tavola imbandita, in compagnia di uno o più commensali, senza saperlo noi mettiamo in atto una tecnica simile a quella...

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L'AQUILA - Quando ci sediamo attorno a una tavola imbandita, in compagnia di uno o più commensali, senza saperlo noi mettiamo in atto una tecnica simile a quella che psichiatri e psicoterapeuti chiamano “psicodramma”. Come su un palcoscenico, ha inizio la rappresentazione: ci troviamo insieme con altre persone davanti una tavola imbandita su cui, tra qualche secondo, cominceremo a visualizzare i colori che il pennello del cuoco, nella sua cucina, ha sapientemente mescolato insieme per far apparire un quadro da cui tutti noi possiamo trarre emozioni, stupore, piacere, gusto.

E’ proprio così: un’azione apparentemente semplice e quotidiana, come il mangiare, diventa molto simile ad una pratica di terapia di gruppo di cui ci serviamo per alleggerire la mente e liberarla da sovrastrutture nevrotiche e depressive che niente hanno a che fare con la leggerezza della tavola.

Per tutta la durata dell’agape, inconsapevolmente diventiamo i comici di uno spettacolo teatrale in cui ciascuno racconta le proprie esperienze mettendo in scena il proprio vissuto; lo scopo, è quello di raggiungere uno stato di leggerezza e di benessere, al quale arriveremo, se i colori, i sapori, i profumi, le emozioni e la comunicazione dei conflitti e delle problematiche, riusciranno a predisporci verso un rapporto empatico con gli “attori” dello psicodramma e, di conseguenza, alla risoluzione del nostro vissuto al netto dei conflitti e dei problemi.

Tocchiamo la tovaglia bianca e profumata di lavanda, vediamo il limpidissimo bicchiere di cristallo in cui scintilla il rubino del vino di cui percepiamo il sottile aroma; sentiamo la fragranza del pane appena sfornato. I profumi già arrivano dalla cucina, mentre noi siamo comodamente seduti, magari riscaldati dalla fiamma di un camino.

Non ce ne rendiamo conto, ma quei profumi richiamano dalla profondità del nostro vissuto episodi del passato, storie, persone, volti, emozioni. Lo racconta egregiamente Marcel Proust nella sua Recherche, nel momento in cui il passato irrompe nel presente con una modalità del tutto inattesa, senza nessuna logica apparente, semplicemente attraverso alcune briciole di un biscotto immerso in una tazza fumante di tè.

Da quell’istante, da quel pezzetto di dolce, si ricompone il file della memoria della nostra vita. La piacevolezza di quell’istante ci richiama alla memoria flashback del nostro passato che disordinatamente cominciano a scorrerci davanti: è come se avessimo schiacciato il tasto rewind del nostro registratore di immagini. Se siamo fortunati, il film che ci ripassiamo è un film allegro.

Diversamente, è un dramma, o un thriller, o una tragedia. I problemi di tutti i giorni ci sembrano sfumati e lontani. Le bollette le pagheremo domani, la rata del mutuo ci sembra meno pesante. Ora siamo qui, in questo bel contesto, con tanti amici e cose buone da mangiare e non vogliamo pensare ad altro: il mondo l’abbiam chiuso fuori con il suo casino. Nella mente riemergono ricordi archiviati nella memoria retrograda, immagini, emozioni che si sono fissate per sempre e che fanno parte di noi.

LA RICETTA, LE MADELEINE


Le madeleine sono dei deliziosi biscotti che Proust descrive come “dolci corti e paffuti che sembrano lo stampo di una conchiglia di San Giacomo”. In una ciotola monto 3 uova e 150 gr di zucchero; aggiungo 150 gr di farina, un pizzico di sale, ½ lievito, 80 gr di burro fuso e una scorza di arancia grattugiata. Riempio gli stampini da madeleine (a forma di conchiglia) e inforno a 180 gradi ventilato per 10 minuti. Quando sono raffreddati le gusto con una tazza di tè e rivivo una delle pagine della letteratura più famose del mondo.
Carlo Gizzi
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Il Messaggero