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Colpo di scena nel processo ieri sulla presunta mafia nigeriana presente a L’Aquila che vede alla sbarra tra gli altri solidali, Obaseki Solomon di 36 anni, considerato il ‘capo dei capi’ della mafia nigeriana in Italia, denominata ‘Black Haxe’ (ascia nera), uno dei sodalizi più pericolosi che prevedono macabri riti di iniziazione e forti vincoli. Ieri sono stati ascoltati i 5 periti nominati dal Tribunale con incarico conferito a febbraio 2022. In particolare l’avvocato Pina Di Credito (legale di fiducia del presunto boss), con origini abruzzesi ma da tempo trapianta a Reggio Emilia, ha esaminato tutti i periti per più di 4 ore in relazione alle intercettazioni telefoniche che rappresentano una parte importante dell’inchiesta. Dall’escussione dei consulenti, sarebbe emerso che gli stessi si erano avvalsi di altri consulenti non autorizzati dal Tribunale che hanno provveduto a tradurre parti consistenti della perizia. “Dal mio esame – ha detto l’avvocato Di Credico – è emerso che non tutti i periti conoscevano la lingua italiana e che non c’era stato un controllo delle trascrizioni da parte di tutti ma che ciascuno di loro aveva tradotto parti della perizia da solo. A quel punto – ha aggiunto - ho eccepito la nullità a regime intermedio della intera perizia per tutte queste ragioni e il Tribunale dell’Aquila, ha annullato l’intera perizia (fatta in un anno e tre mesi) rinviando a fine mese per la nomina di un nuovo collegio peritale”. Eccezione alla quale hanno aderito anche gli avvocati Marco Ferrone e Fabrizio Di Marco entrambi del Foro dell’Aquila. Secondo il pm Stefano Gallo (nella veste di sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo dell’Aquila) il presunto capo della mafia nigeriana Obaseki Solomon, da via Tito Pellicciotti in città, coordinava i propri sodali di 14 città italiane. Video chiamate in cui impartiva gli ordini mostrando come sfondo una grossa ascia nera, sequestrata dagli agenti della Squadra mobile quando sono scattate le manette. Arrivato dalla Libia a Pozzallo (Ragusa) il capo mafia ha messo le radici in città dal 2018, prima come ospite di un centro di prima accoglienza poi prendendo due abitazioni in affitto: l’altra in via dei Ciocca, aiutando subito i suoi affiliati ad ottenere il permesso di soggiorno attraverso la falsa documentazione di cessione dei due fabbricati a titolo di ospitalità.
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Il Messaggero