Picchia la compagna malata di tumore: condannato a due anni

Picchia la compagna malata di tumore: condannato a due anni
Non si è fermato davanti a nulla. Neanche di fronte a un tumore che aveva costretto l’ex compagna ad affrontare un lungo percorso di cure. Lui l’ha picchiata,...

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Non si è fermato davanti a nulla. Neanche di fronte a un tumore che aveva costretto l’ex compagna ad affrontare un lungo percorso di cure. Lui l’ha picchiata, pedinata, minacciata di morte, tempestata di messaggi. Per quelle vessazioni continue un operaio di 44 anni, accusato di stalking e percosse, è stato condannato dal Tribunale di Chieti a due anni di reclusione (pena sospesa) e a pagare 10 mila euro di risarcimento alla vittima. Scrive nella sentenza il giudice Andrea Di Berardino: «La pena non può essere quella minima: il fatto è grave, perché l’imputato ha mostrato il tipico atteggiamento predatorio, a cui si è aggiunta un’inaudita insensibilità verso le condizioni della vittima, affetta da patologia tumorale e sottoposta a terapie fisicamente e psicologicamente stressanti».


Era inizio estate del 2016 quando i due si sono cononosciuti in un locale della riviera di Pescara. Sono cominciati a uscire insieme, poi lui si è trasferito di fronte all’appartamento della donna. Ad agosto il fidanzamento è diventato ufficiale. Il 44enne si è mostrato subito geloso. Qualche esempio? «Dobbiamo avere un unico profilo Facebook perché non dobbiamo nasconderci nulla», ripeteva. Ben presto sono iniziati i problemi, che sono cresciuti quando lei, separata e madre di tre figli, ha accettato di trasferirsi a casa del compagno dopo numerose insistenze. «Era molto possessivo - si legge ancora sulla sentenza - non ammetteva neppure che telefonasse ai figli o che tornasse da loro al mattino per preparargli la colazione». In altre parole: per l’accusa l’operaio ha sottoposto la vittima a «vessazioni fisiche e psicologiche: in particolare, in occasioni di frequenti liti dovute alla morbosa gelosia, ingiuriava la donna, minacciandola di morte, e passava alle vie di fatto, picchiandola e intimandole in piena notte di abbandonare l’abitazione comune».


Non solo: «Terminata la convivenza - sostiene ancora l’accusa - ha compiuto atti persecutori ai danni della ex, tempestandola di telefonate e messaggi per indurla a riallacciare la relazione sentimentale. Al rifiuto della donna, ha iniziato a pedinarla e ad appostarsi nei pressi della sua abitazione attendendone il ritorno a casa». L’uomo ha persino contattato la donna su Facebook «utilizzando, per raggiungere il suo scopo, un profilo fittizio». Per concludere, ha avvicinato gli amici della ex chiedendo loro di convincerla a tornare con lui. «In questo modo ha causato nella vittima uno stato d’ansia e di giustificato timore per la propria incolumità fisica». Ormai esausta, la donna si è rivolta all’avvocato Lorella Cipollone del foro di Pescara e ha denunciato tutto ai carabinieri. Conferma il giudice Di Berardino: «La presenza costante dell’imputato sul luogo di lavoro e a casa della ex, il monitoraggio sistematico del suo gruppo di amici sia materialmente che sui social network sono atti pienamente idonei a ingenerare turbamento». All’imputato non vanno concesse le attenuanti generiche perché «è una personalità negativa, per nulla incline al pentimento e alla revisione critica dei suoi comportamenti». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero