Pescara, l'ex sindaco Carlo Pace travolto e ucciso: mezzo milione di risarcimento alla famiglia

Pescara, l'ex sindaco Carlo Pace travolto e ucciso: mezzo milione di risarcimento alla famiglia
Cinquecentoventimila euro a titolo di risarcimento civile del danno. E’ la cifra che dovrà essere versata, ai familiari della vittima, dall’assicurazione...

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Cinquecentoventimila euro a titolo di risarcimento civile del danno. E’ la cifra che dovrà essere versata, ai familiari della vittima, dall’assicurazione dell’automobilista che nel 2017 investì l’ex sindaco di Pescara, Carlo Pace, provocandone la morte. L’accordo è stato raggiunto tra l’assicurazione del 67enne che si trovava alla guida del mezzo e l’avvocato di parte civile Giovanni Mangia, che assiste la moglie, i due figli, il genero, la nuora e i quattro nipoti dell’ex sindaco.


Pace, ingegnere e docente universitario in pensione, primo cittadino di Pescara per due mandati, dal 1994 al 2003, aveva 81 anni. La quantificazione del risarcimento, a dispetto dell’età piuttosto avanzata, tiene conto del fatto che Pace svolgeva ancora attività di consulenza ed era in possesso di un reddito elevato. Archiviata la vicenda sul piano civile, il procedimento penale farà il suo corso. Questa mattina, davanti al gup Elio Bongrazio, si terrà la discussione, al termine della quale sarà emessa la sentenza: l’imputato, accusato di omicidio stradale, sarà giudicato con il rito abbreviato.


Pace fu investito il 27 marzo di due anni fa, mentre attraversava la strada in via Silvio Pellico e morì il giorno dopo in ospedale, dove venne ricoverato a causa delle gravi fratture riportate. Sulla base di quanto ricostruito dal pm Anna Benigni, l'automobilista, difeso dall'avvocato Matteo Cavallucci, investì Pace, "così cagionandone la morte per colpa consistita in imprudenza, imperizia, negligenza e per violazione delle norme che disciplinano la circolazione stradale". In particolare, secondo il pm, l'imputato avrebbe "omesso di ridurre la velocità di marcia del veicolo", nonostante la vittima "avesse iniziato ad attraversare con direzione mare-monti la carreggiata stradale". La difesa sottolinea invece che all'imputato, risultato negativo all’alcoltest, si contesta un'imprudenza generica nella causazione dell'investimento, che peraltro, come risulterebbe dagli accertamenti della polizia municipale, sarebbe avvenuto al di fuori delle strisce pedonali. Sarebbe inoltre stata smentita l’ipotesi che l'automobilista, al momento dell’incidente, stesse parlando al telefono. Stefano Buda Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero