Pescara, morto Ivano Malaspina: gestì il locale cult Nastro Azzurro

Pescara, morto Ivano Malaspina: gestì il locale cult Nastro Azzurro
Nella storia della Pescara da bere e da mangiare Ivano Malaspina occupava un posto prioritario con il suo Nastro Azzurro, il locale vip che ha rivoluzionato il modo di fare...

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Nella storia della Pescara da bere e da mangiare Ivano Malaspina occupava un posto prioritario con il suo Nastro Azzurro, il locale vip che ha rivoluzionato il modo di fare ristorazione in città. L’ex titolare della gettonata birreria di Piazza Salotto è morto all’età di 84 anni a Roma assistito dalla moglie Maria Vittoria, dai figli Emilio, Emanuele, Nicola ed Alessandro. L’anziano soffriva di disturbi cardiaci e non usciva quasi mai di casa, ma al telefono coltivava i rapporti con gli amici pescaresi ai quali era rimasto legato. Tra quest,i la scrittrice e storica Restituta Carbone che lo descrive con affetto: «Un uomo indimenticabile per l’ironia, l’intelligenza, l’eleganza oltre che per le straordinarie capacità imprenditoriali. Era anche una persona piena di interessi, a Roma frequentava eventi culturali e salotti nobiliari, grazie anche alla parentela con i marchesi Colonna da cui discende sua moglie. Recentemente l’avevo sentito affaticato al telefono, “sto cuore mi ha fregato” mi aveva confidato».

Ivano Malaspina, figlio del proprietario dello stabilimento balneare Lido, dopo una breve esperienza nella vendita di automobili, aveva inaugurato nel 1969 la Birreria Nastro Azzurro diventata subito ritrovo di imprenditori, professionisti, politici ed artisti attratti dall’ampia offerta culinaria che comprendeva carne, pesce, pizza, gulash, vini e birre pregiati. Era l’unico locale aperto fino all’alba, meta notturna di stelle del Pescara Jazz e ad attori di teatri appena scesi dal palcoscenico. «Sono stato fortunato ad aprire negli anni più floridi dell’economia nazionale e locale - dichiarava l’ex ristoratore al Messaggero qualche anno fa in un’intervista - avevo clienti facoltosi che spendevano molto, i costruttori e i potenti della città c’erano tutti».

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Il Messaggero