Panfilo Colonico, lo chef rapito in Ecuador e i dubbi dell'ex moglie e delle figlie: «È solo una messa in scena»

La sua partenza da Sulmona, insomma, non è stata di quelle col fazzoletto bianco alla stazione; piuttosto un addio forzato

Le tracce di Panfilo Colonico, detto Benny nella sua seconda, anzi terza vita, si perdono rapidamente a Sulmona, in provincia dell'Aquila, sua città di origine. Dal...

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Le tracce di Panfilo Colonico, detto Benny nella sua seconda, anzi terza vita, si perdono rapidamente a Sulmona, in provincia dell'Aquila, sua città di origine. Dal capoluogo peligno, infatti, il 49enne sequestrato venerdì scorso nel suo ristorante “Il sabore mio” a Guayquil, in Ecuador, era andato via circa 15 anni fa. Pressato, a quanto pare, da una situazione finanziaria e familiare diventata insostenibile per lui. Figlio di Giovanni Colonico, scomparso una decina di anni fa, era cresciuto nel ristorante di famiglia, La Magnolia (chiuso ormai da qualche anno), nella frazione di Torrone, dove aveva imparato i segreti della cucina e quel tanto di mestiere che basta per diventare all’estero uno chef.

 


Di lui, però, non serbano un buon ricordo i familiari: la ex moglie e le due figlie che vivono a Sulmona e la sorella. Su di lui, raggiunte telefonicamente, dicono di non voler sapere nulla e di non avere nulla da dire. «Mi dissocio da questa ennesima messa in scena» commenta anzi duramente la sua ex moglie. La sua partenza da Sulmona, insomma, non è stata di quelle col fazzoletto bianco alla stazione; piuttosto un addio forzato. Panfilo, che dopo il ristorante aveva lavorato un periodo nel campo dell’edilizia nel settore degli infissi, si era trasferito così in Canada dove aveva aperto una sua impresa nel settore. In Ecuador ci era finito quasi per caso: «Per amore» dice in un’intervista rilasciata in occasione della presentazione del suo progetto imprenditoriale in Sud America.


Arrivato nel marzo del 2020 a Quito, qui era rimasto “incastrato” dal lockdown imposto dalla pandemia. E qui, in Ecuador, nella “Perla del Pacifico” di Guayquil, metropoli da oltre 3 milioni di abitanti in esponenziale crescita, aveva deciso di restare, per reinventarsi nella vecchia attività di famiglia: la ristorazione. “Il sabore mio”, aperto a novembre scorso, è un ristorante, bar, pizzeria, panetteria, realizzato all’interno del centro commerciale Grazocentro, primo passo, aveva dichiarato a un giornale locale, di un investimento da un milione di dollari che prevedeva l’apertura anche di un altro ristorante in città. Il capoluogo della Provincia di Guayas e del Cantone del Guayquil, tuttavia, è considerato una delle città più pericolose, specie per il diffuso fenomeno dei sequestri. Il sulmonese è stato infatti sequestrato venerdì scorso (erano le 23,30 in Italia, le 16,30 ora locale) da due persone vestite da poliziotto che armi in pugno, come testimoniano le registrazioni delle telecamere di sorveglianza, lo hanno prelevato dal locale e portato fuori, attesi da altri tre complici. Le autorità ecuadoriane e la stessa Farnesina hanno confermato che si tratta di un sequestro di persona, ma sulle motivazioni e le finalità, ci sono ancora molti interrogativi. L’ipotesi della richiesta di riscatto resta la più probabile. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero