Prepara olive all'ascolana mentre la operano al cervello

Prepara olive all'ascolana mentre la operano al cervello
Dalla musica, suonando la tromba, il violino o addirittura il pianoforte ad altre attività familiari al paziente, come ad esempio preparare a mano le olive...

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Dalla musica, suonando la tromba, il violino o addirittura il pianoforte ad altre attività familiari al paziente, come ad esempio preparare a mano le olive all'ascolana. Il tipico piatto marchigiano è l'ultima frontiera, almeno per ora, della “awake surgery”, metodica per operare al cervello il paziente mentre è sveglio. Una donna di circa 60 anni, abruzzese, ma residente al confine tra Marche e Abruzzo, ha preparato circa 90 olive farcite e impanate oggi, mentre veniva sottoposta a un intervento al lobo frontale sinistro per rimuovere un tumore, nell'azienda Ospedali Riuniti di Ancona.


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«È andato tutto bene» dice il dottor Roberto Trignani, responsabile del reparto di Neurochirurgia, al termine dell'operazione durata complessivamente due ore e mezza e che ha coinvolto 11 persone: lui e un altro neurochirurgo, Stefano Vecchioni, tre medici di neuroanestesia guidati da Pietro Martorano, la psicologa Silvia Bonifazi, quattro infermieri, un tecnico di neurofisiologia. La casistica sulla 'awake surgery' è ormai ampia e consolidata. Lo stesso Trignani parla di una sessantina di interventi in cinque anni: «Una metodica che ci consente di monitorare in real time le funzioni cerebrali del paziente. Il chirurgo può essere più sicuro e anche più aggressivò».

Nel caso di oggi, l'intervento ha interessato la zona che governa il linguaggio e i movimenti complessi della mano destra. C'è da curare anche l'aspetto emotivo della paziente, che è stata preparata «con un training di qualche settimana a cura della psicologa, che poi l'ha seguita anche in sala operatoria; non solo fatto le olive, ha anche risposto a delle domande e recitato ricette di cucina per verificare lo stato del linguaggio». L'area operatoria è stata divisa in due parti, separate da una tenda intorno alla testa della paziente: «Una sterile, dove hanno lavorato i neurochirurghi e due infermieri, l'altra sporca dove c'erano gli altri e dove ha preparato le olive».

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Trignani ha seguito così vari pazienti: la scelta dell'attività da svolgere è legata alle attività abituali del paziente: «Vari hanno suonato degli strumenti musicali». E ovviamente alla zona su cui bisogna intervenire: «Un'altra donna è stata operata mentre guardava cartoni animati, li trovava rilassanti e dovevamo lavorare su una parte del cervello che controlla la vista». Per il medico c'è «l'esperienza forte di lavorare in un team multidisciplinare». Ma per il dottor Trignani c'è anche un altro aspetto: «Un malato entra in ospedale e si trova in un ambiente sconosciuto. Con questo sistema cerchiamo di farlo sentire in un ambiente tranquillo, familiare. Lui collabora, noi lavoriamo meglio. È questa - conclude - l'umanizzazione delle cure».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero