In fuga dalla Nigeria perchè omosessuali, a giudizio a Teramo per un ricatto gay

In fuga dalla Nigeria perchè omosessuali, a giudizio a Teramo per un ricatto gay
Sono dovuti fuggire dalla Nigeria perché omosessuali, uno di loro arrivato in Italia come minore non accompagnato, ma quando poi si sono ritrovati nel nostro Paese...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Sono dovuti fuggire dalla Nigeria perché omosessuali, uno di loro arrivato in Italia come minore non accompagnato, ma quando poi si sono ritrovati nel nostro Paese «senza strumenti e supporti per costruirsi un futuro», hanno dovuto iniziare a prostituirsi, finendo a vivere «in una condizione di forte disagio e marginalità».

E’ ciò che emerge, nero su bianco, da una lettera, acquisita ieri agli atti del dibattimento a Teramo, scritta a suo tempo dal presidente di un’associazione nazionale di volontariato che offre sostegno e assistenza per la domanda alle persone richiedenti asilo perché perseguitate in patria a causa della loro identità di genere o del loro orientamento sessuale. Si tratta di due dei giovani nigeriani (del terzo imputato nella lettera non se ne fa menzione, ndr) finiti a processo e ancora tutti detenuti con le pesanti accuse di aver commesso in concorso quattro sequestri di persona ed una tentata rapina ai danni di cinque teramani, nessuno dei quali si è costituito parte civile, che sarebbero stati adescati attraverso Grindr: una delle app d’incontri per gay, bisessuali, trans e queer più famose al mondo.

Leggendo quella lettera emerge che il giorno in cui i carabinieri arrivarono nella loro abitazione a Villa Butteri, il 9 ottobre del 2022, quando scattò per i tre nigeriani l’arresto in flagranza con la scarcerazione subito dopo la convalida perché il giudice aveva ravvisato un’incompetenza funzionale e il fascicolo a quel punto era stato trasmetto alla Dda, uno di loro ha telefonato proprio al presidente di questa associazione. «Era molto arrabbiato perché diceva di trovarsi con un cliente con cui aveva concordato il pagamento di 100 euro – si legge nella lettera ora agli atti del dibattimento e inviata proprio il giorno dopo al primo legale uno degli attuali imputati -, ma che finita la prestazione si stava rifiutando di pagarli, dicendo che se avesse insistito li avrebbe mandati in galera». La versione ufficiale, però, è diversa e racconta di un presunto sequestro di persona che sarebbe avvenuto quel giorno, con il cliente riuscito a salvarsi solo grazie all’intervento dei carabinieri.

Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero