Munda, l'ultima suggestione: un'opera in prestito dall'Ermitage

L'inaugurazione del Munda (Foto Vitturini)
L'AQUILA -  Per capire il senso più profondo di questa giornata bisogna alzare gli occhi: in prossimità del soffitto ci sono ancora le...

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L'AQUILA -  Per capire il senso più profondo di questa giornata bisogna alzare gli occhi: in prossimità del soffitto ci sono ancora le “corsie” d’acciaio che, in passato, servivano a trasportare le carni da una stanza all’altra. E invece, in basso, è ora tutto un fiorire di tesori dell’arte, più di cento, una meraviglia che apre il cuore: dal trittico di Beffi alle più belle Madonne d’Abruzzo, a capolavori come il “Cristo e l’adultera” di Mattia Preti o il “Cristo deposto” che arriva dal duomo di Penne. Molte di queste opere erano state danneggiate dalla scossa del 6 aprile. Alcune sono state letteralmente salvate. L’Abruzzo, con oltre 5 milioni di spesa, ha la sua nuova casa dell’arte. Finalmente, è il caso di dire, dopo un percorso molto travagliato. L’ex mattatoio è ora il Munda, Museo nazionale d’Abruzzo, che affaccia sulle 99 cannelle, nel cuore di Borgo Rivera, e che dà finalmente degnissima collocazione al patrimonio che la notte del 6 aprile è stato risucchiato dal crollo del Forte Spagnolo e che oggi poggia, tra le altre cose, su piattaforme antisismiche. E’ chiaro che l’obiettivo è il ritorno nella storica sede, ma per ora questa è una risposta più che adeguata.


IL FIL ROUGE - A tagliare il nastro è arrivato il ministro Dario Franceschini, che conferma di essere di gran lunga l’esponente del Governo più sensibile alla rinascita dell’Aquila: dopo la grande maratona jazz (che sarà riproposta a settembre 2016) e la sede distaccata del Maxxi a palazzo Ardinghelli (il ministro ha confermato stanziamenti e ha rivelato di aver inviato lettere ai più grandi artisti contemporanei per chiedere un contributo in opere), ora va a dama anche la riapertura del Museo d’Abruzzo in un fil rouge che fa della cultura un fattore decisivo per il recupero dell’identità.
 
IL TOUR - Franceschini ha girovagato a lungo, con la guida di Lucia Arbace, direttrice del polo museale; ha scattato qualche foto con il cellulare, ha persino ammonito i cameraman: «Non mi seguite, rischiate di rovinare le opere». Poi ha tirato le somme: «Quando riapre un grande museo è un giorno di festa. Quando poi un museo riapre all’Aquila la festa è doppia perché è una restituzione al Paese, una battaglia vinta, un pezzo importante della ricostruzione».


LA SUGGESTIONE - La Arbace ha detto che questa riapertura «è importante non solo per l’Italia, ma per l’Europa intera». A suffragare questo c’è un’ipotesi suggestiva, tanto bella che pare irreale: il prestigioso Ermitage di San Pietroburgo sarebbe pronto a “prestare” un’opera della sua preziosissima collezione. Ci si lavorerà. Le opere saranno dotate di Qr Code, da domani. Ingresso gratis fino al 3 gennaio. All’inaugurazione c’erano il sindaco Massimo Cialente (che ha tessuto le lodi di Franceschini: «Il ministro che più ha colto l’esigenza di una strategia di sviluppo»), Giovanni Lolli (assente D’Alfonso), Stefania Pezzopane, il vescovo Petrocchi, il segretario generale Mibact Antonia Pasqua Recchia, il prefetto Alecci, la sovrintendente Alessandra Vittorini, Dino Di Vincenzo. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero