Maria, “baby sitter” di Vittorio Emanuele. «Si dedicò tutta la vita ai più bisognosi»

La balia del reale morta a 99 anni. "All’ingresso della sua casa a Fontecchio aveva un quadro con la regina e si inchinava ogni volta ci passava davanti", racconta il nipote

Maria, “babysitter” di Vittorio Emanuele. «Si dedicò tutta la vita ai più bisognosi»
Era di Fontecchio, nel Parco regionale Sirente-Velino, la balia di Vittorio Emanuele di Savoia, morto sabato scorso a 87 anni a Ginevra. Il funerale sabato nel Duomo di Torino e...

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Era di Fontecchio, nel Parco regionale Sirente-Velino, la balia di Vittorio Emanuele di Savoia, morto sabato scorso a 87 anni a Ginevra. Il funerale sabato nel Duomo di Torino e poi le ceneri inumate a Superga, secondo il volere del principe a lungo in esilio, dal 1946 al 2002. La sua “babysitter” si chiamava Maria Frigidi: è morta diversi anni fa, anche lei in età molto avanzata, 99 per la precisione. In paese era conosciuta come “la Madonnara” per via di un affresco con un santo e la Vergine sul muro esterno della sua casa. In pochi sapevano dei suoi trascorsi anche come dama di compagnia della regina Maria José. Perfino il nipote, l’assessore Roberto Tinari, ha scoperto del suo illustre passato in anni recenti.

 

«Era la sorella di mia nonna - racconta Tinari - ma lei non me ne ha mai parlato. Lo scoprii, addirittura, dopo la morte di nonna Domenica. Non so perché ma mio nonno non voleva che si sapesse in giro la storia. Quella che poi diventò mia nonna lavorava al befotrofio di Collemaggio. Un 15 d’agosto venne a Coppito e si innamorò del futuro marito lasciando tutto per sposare mio nonno, che era veramente povero. Lasciò anche il lavoro, allora era un fatto obbligatorio per convolare a nozze, e lei scelse la felicità alla ricchezza, nascondendo perfino le sue nobili radici, tant’è che quando ne venni a conoscenza, rimasi scioccato. Però, ricordo un particolare di zia: all’ingresso della sua casa a Fontecchio aveva un quadro con la regina e si inchinava ogni volta ci passava davanti, così pure il fatto che, ogni tanto per telefono, si collegava con questi “Signori benestanti”, come li appellava». Quanto a sua zia Maria, in quel di Fontecchio, si sapeva soltanto che era di nobilissima famiglia e che aveva un castello, nelle vicinanze, nelle sue proprietà. In paese era ritornata dall’Albania allo scoppio della seconda guerra mondiale. Si dedicò per tutta la vita ai poveri e ai bisognosi, si prodigò, soprattutto, per i bambini disabili e con seri problemi che accoglieva in casa. Contribuì alla ristrutturazione della chiesa di Fontecchio e partecipò attivamente, insieme a don Emidio, alla realizzazione della residenza per anziani. «Ma lei non ci volle mai andare - specifica il nipote - per non dare soddisfazione al sacerdote: trascorreva l’inverno, al caldo, dalle suore Ferrari. Quando, incredulo, chiesi a zia Maria del suo passato, lei mi fece vedere un album di foto, di cui era a conoscenza tutto il vicinato e c’era proprio quella con la regina, la stessa ritratta sulla parete. Con me rievocò di quando volevano arrestare il re: il monarca deve a lei la sua libertà. A chi allora la interrogò disse, infatti, che l’esponente sabaudo, con i suoi uomini, era andato verso destra quando, invece, fuggì dall’altra parte».

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Il Messaggero