Morto Giulio D'Alessandro, il commerciante che servì Lucky Luciano

Morto Giulio D'Alessandro, il commerciante che servì Lucky Luciano
Il mestiere appreso dal padre Don Arturo che nel 1925 offriva uno dei migliori caffè di Pescara. L’eredità consegnata al figlio Paolo che oggi gestisce...

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Il mestiere appreso dal padre Don Arturo che nel 1925 offriva uno dei migliori caffè di Pescara. L’eredità consegnata al figlio Paolo che oggi gestisce l’attività di famiglia in via Trento. È una storia lunga come quella dei tanti rossi pregiati che sapeva consigliare, quella dello storico enotecario pescarese Giulio D’Alessandro che si è spento ieri all’ospedale civile. Aveva 89 anni.


Quasi un secolo passato dietro il bancone, fin da quando, bambino, aiutava il padre Arturo titolare del Gran Caffè D’Alessandro. «Parlare con lui era come viaggiare sul filo della memoria», racconta Claudio Minicucci altro storico esercente pescarese. Dalle vetrine della sua Chitarra Antica negli ultimi decenni l’aveva visto passare più volte in via Trento, quando andava a trovare il figlio Paolo a cui aveva consegnato la gestione dell’enoteca. Diverse sedi sempre nel centro di Pescara, prima a Palazzo Imperato in Corso Umberto, poi in via Nicola Fabrizi e dopo ancora al civico 176 di via Trento, dove le vetrine zeppe di eccellenze invitano i passanti alla scoperta del gusto.

«Il signor Giulio era un uomo empatico, capace di catturare l’attenzione del suo interlocutore – lo ricorda Minicucci -, sapeva raccontare storie». Come quelle su Lucky Luciano. Capelli brizzolati pettinati all’indietro, testa bassa, poche parole, il padre del moderno crimine organizzato, boss della famiglia Genovese, legato alla Cosa Nostra d’America, amava frequentare Pescara. Erano gli anni Cinquanta. La leggendaria figura della mala statunitense si sedeva ai tavoli del Gran Caffè D’Alessandro, dove Giulio lavorava. Ed erano in tantissimi ad apprezzare le tazzine di espresso preparate a piano terra di Palazzo Imperato, concepito nel 1926 per dare smalto alla città che si candidava a provincia, all’incrocio tra Corso Umberto I e Corso Vittorio Emanuele II, a pochi passi dalla stazione e realizzato da Antonino Liberi sul sito del vecchio Albergo Milano. Vicende personali che si intrecciano ai fatti e alle storie della città veloce.


«Non ha mai detto si stava meglio prima, quando il commercio era fiorente, quando tutti si lavorava meglio; ma ha sempre guardato al guardato al futuro con fiducia – dice ancora Claudio Minicucci - È stato capace di portare avanti l’attività di bar e torrefazione avviata dal padre e trasformarla negli anni Novanta in enoteca». Per poi rileggere la somministrazione e mescita di vino e liquori in chiave moderna e trasformare la storica attività in un tempio di bontà. La messa in suffragio di Giulio D’Alessandro sarà celebrata oggi alle 10 nella chiesa di Santo Stefano in via Bove.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero