Morta in casa per le botte: confermati in appello i 13 anni di carcere a Cherciu

Morta in casa per le botte: confermati in appello i 13 anni di carcere a Cherciu
PESCARA - Si è conclusa anche in secondo grado la vicenda di Monica Gondos, la 52enne romena trovata senza vita, la sera del 30 maggio 2018, davanti l'uscio di una...

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PESCARA - Si è conclusa anche in secondo grado la vicenda di Monica Gondos, la 52enne romena trovata senza vita, la sera del 30 maggio 2018, davanti l'uscio di una villetta disabitata di strada Colle Orlando, nel quartiere Fontanelle.


Sul corpo, segni evidenti di violenze. Ieri pomeriggio la Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila ha confermato la condanna a 13 anni di reclusione per il suo convivente e connazionale Gelu Cherciu, 67 anni. L'uomo, difeso dall'avvocato Fabrizio Giannini, era accusato di maltrattamenti in famiglia continuati e aggravati dalla morte della donna.

In primo grado il pm, aveva chiesto per lui una pena a 20 anni, scesa poi a 13 e confermata ieri dai giudici di secondo grado. Il 30 novembre si dovrebbero conoscere le motivazioni della condanna. Il romeno ha sempre negato di aver fatto del male alla sua compagna.

La sera di quel 30 maggio fu lui stesso ad allertare i soccorsi, raccontando ai sanitari del 118 prima e ai carabinieri poi di averla trovata morta sotto la rampa delle scale. E di fatti, pur con molte perplessità da parte degli inquirenti, all'inizio non si escluse del tutto, come probabilmente lui voleva far intendere, il decesso a seguito di una caduta accidentale o un malore improvviso. Pochi giorni dopo, l'autopsia restituì un'altra verità, stabilendo che la morte della donna era avvenuto cinque ore prima rispetto al momento in cui Cherciu lanciò l'allarme.

Non solo, dall'autopsia venne fuori che le tante ecchimosi rilevate sul corpo della vittima non erano compatibili con le ferite provocate da una semplice caduta, ma dalle botte continue ricevute. Botte che, il giorno della tragedia, gli avrebbero provocato la rottura di una costola, perforandogli un polmone.

Cherciu cadde in contraddizione già nei primi giorni dell'inchiesta quando, interrogato dal pm Anna Benigni, prima affermò di avere visto la convivente l'ultima volta alle 16 e poi collocando l'orario tra le 11.30 e le 12. La donna venne trovata senza vita attorno alle 18.

Inoltre negò di averla picchiata anche se le figlie della Gondos riferirono di continui e violenti litigi e dell'abuso di alcolici da parte di Cherciu. Litigi che culminavano quasi sempre con aggressioni fisiche verso la madre. Dopo essere stato interrogato dai carabinieri, non sapendo di essere intercettato, l'uomo lasciò anche intendere ad un amico che i militari non erano riusciti a smascherarlo.


«Non mi hanno chiuso aveva detto - stupidi del cavolo!» Dopo sei mesi, l'arresto. Per gli inquirenti un femminicidio, l'ennesimo, maturato nell'ambito di un menage familiare segnato da violenze e maltrattamenti.

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Il Messaggero