Minatore abruzzese morto a Marcinelle: identificato 67 anni dopo grazie al Dna

Minatore abruzzese morto a Marcinelle: identificato 67 anni dopo grazie al Dna
Un nome, un riscontro. Con la speranza che l'anticipazione trovi conferma. Una delle vittime riconosciute con l'esame del Dna tra le quattordici ancora non identificate e...

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Un nome, un riscontro. Con la speranza che l'anticipazione trovi conferma. Una delle vittime riconosciute con l'esame del Dna tra le quattordici ancora non identificate e sepolte nel cimitero dei minatori del Bois du Cazier, a Marcinelle, Dante Di Quilio, era abruzzese. Era nato ad Alanno il 10 novembre 1928 e nella tragedia della miniera, avvenuta l'8 agosto 1956, lasciò una moglie e due figli. A Marcinelle morirono 60 abruzzesi di cui 24 di Manoppello, comune vicino ad Alanno. In totale nella miniera morirono 262 persone di cui 136 italiani. «A distanza di tanti anni c'è ancora tanta rabbia nei confronti delle autorità belghe. Io ho perso mio padre che aveva 40 anni ed era stato mandato alla miniera come oggi vengono in Italia questi poveracci che scappano dall'Africa, per la fame».

A 76 anni Nino Di Pietrantonio, presidente dell'Associazione vittime del Bois du Cazier, commenta amareggiato il riconoscimento di una delle vittime di Marcinelle tramite il dna. Dante Di Quilio era sì nato ad Alanno, ma risiedeva a Manoppello, ricorda Di Pietrantonio, e Manoppello è un po' il centro della memoria della tragedia in Abruzzo. A quanto pare il riconoscimento è stato possibile con un prelievo di dna con la figlia di Di Quilio, che dovrebbe abitare a Milano. «Ma a me risulta anche che è stata riconosciuta un'altra vittima, Eduardo Romasco di Manoppello - puntualizza Di Pietrantonio, che proprio per il suo impegno è stato nominato Cavaliere dal presidente - ma i belgi hanno fatto le cose un po' alla buona, diciamo». Più laconico invece il commento del sindaco di Alanno, Oscar Pezzi: «Ovviamente non ho notizie ufficiali di questo riconoscimento del nostro concittadino - dichiara -, ma trattandosi di un martire del lavoro e dell'emigrazione certamente faremo qualcosa per ricordarlo assieme ai familiari che risiedono qui o altrove».

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Il Messaggero