Mafia dei pascoli, ci sono i terreni della transumanza

Mafia dei pascoli, ci sono i terreni della transumanza
C’è anche un pezzo d’Abruzzo nella maxinchiesta della procura di Messina che l’altro giorno ha portato all’emissione di 114 richieste di misure...

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C’è anche un pezzo d’Abruzzo nella maxinchiesta della procura di Messina che l’altro giorno ha portato all’emissione di 114 richieste di misure cautelari, con 94 arresti eseguiti, 194 indagati e 151 aziende sequestrate. Un fascicolo portentoso di circa 30mila pagine, con la sola ordinanza di custodia cautelare che conta 2.617 pagine e 490 capi di imputazione.


La storia è quella che l’estate scorsa era stata in parte denunciata a Sulmona dall’allevatore di Vittorito Adriano Marrama nel corso di un incontro che il Pd locale aveva organizzato con l’europarlamentare Andrea Cozzolino: la cosiddetta mafia dei pascoli, ovvero l’uso a volte sul confine della legalità, altre oltre questo confine, con cui aziende e affaristi del nord e del sud, affittano o si intestano terreni a pascolo al fine di ottenere ingenti contributi comunitari. Sui prati della transumanza, quella del patrimonio Unesco, restano, come accaduto a Lucoli qualche giorno fa, i resti di carcasse di animali, spesso vecchi e malati, buttati sui monti a parziale giustificazione dell’intestazione di quei terreni che fruttano oro grazie ai contributi comunitari; e resta, soprattutto, lo sconforto degli allevatori veri che vedono così sottrarsi terreni e contributi che a loro dovrebbero essere destinati.

«Non agricoltura e pastorizia e qualche leggero aiuto per avere finanziamenti - scrive il Gip di Messina, Salvatore Mastroeni -, ma semplice criminalità che non costituisce ricchezza per il territorio, non sviluppa agricoltura e pastorizia, ma fa ditte di carta, ingurgita profitti milionari, che come tutti i profitti di mafia spariscono e niente lasciano alla gente, al territorio, alla vera agricoltura e pastorizia».


Nell’inchiesta siciliana, in particolare, la mafia tortoricese del gruppo dei Batanesi aveva sfruttato in Abruzzo terreni, intestandoseli falsamente, nei Comuni dell’Aquila, Barisciano, Ofena, Pettorano sul Gizio, Crognaleto, Cortino, Valle Castellana, Rocca Santa Maria, Isola del Gran Sasso, Caramanico e Castel del Monte, facendo risultare di operare sul posto e richiedendo, con la complicità di funzionari CAA, il pagamento del contributo unico all’Europa che si basa sui cosiddetti titoli. Un meccanismo, in questo caso criminale (le contestazioni sono associazione mafiosa, truffa ai danni dello Stato, falso) e in altri “lecito” con tanto di cessione a pagamento da parte dei Comuni dei terreni ad uso civico, che impoverisce gli operatori del settore, togliendogli materialmente il terreno sotto i piedi, la possibilità di ottenere finanziamenti e falsando il mercato di carne, latte e prodotti agricoli. Un dato su tutti: gli ovini in Abruzzo sono passati da 5 milioni a 37mila capi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero