Mafia, in Abruzzo i resti dell'auto di scorta di Giovanni Falcone

Mafia, in Abruzzo i resti dell'auto di scorta di Giovanni Falcone
Tornano in Abruzzo i resti della Quarto Savona 15, l'auto di scorta di Giovanni Falcone distrutta il 23 maggio 1992 dall'esplosione di Capaci. In quella vettura vi erano...

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Tornano in Abruzzo i resti della Quarto Savona 15, l'auto di scorta di Giovanni Falcone distrutta il 23 maggio 1992 dall'esplosione di Capaci. In quella vettura vi erano gli agenti Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Tutti giovani, non ancora 30enni. «Il monumento più importante alla legalità e all'antimafia che ci sia in Italia», come è stata definita l'auto o meglio ciò che ne rimane, sarà domani a Teramo; venerdì a partire dalle 10 a Pescara, in piazza della Rinascita; sabato a Montesilvano nei giardini di largo Venezuela e domenica, dalle 10 alle 13, di nuovo in piazza della Rinascita a Pescara. Ad accogliere la teca con i resti della vettura, si prevede che vi saranno circa tremila studenti insieme agli uomini e alle donne delle istituzioni.


All'appuntamento di venerdì a Pescara, in cui la Quarto Savona 15 torna per il secondo anno consecutivo, ci saranno fra gli altri il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho; il capo della polizia nonché presidente del ventiseiesimo Premio Paolo Borsellino, Luigi Savina; Tina Montinaro, vedova di Antonio Montinaro e Leonardo Guarnotta, magistrato del pool con Falcone e Borsellino. L'iniziativa, fortemente voluta dal questore Francesco Misiti, è organizzata anche quest'anno dall'associazione culturale “Premio Paolo Borsellino”. «Quella teca – sottolinea Misiti, che ha combattuto in prima linea a Palermo contro la mafia, contribuendo ad arrestare alcuni degli autori della strage come Brusca e Aglieri– è il simbolo di tutto ciò che dal 1992 ad oggi è successo. E' la memoria che non si ferma, che continua a camminare per inculcare ai giovani la legalità. Per me, avere i resti qui della vettura, rappresenta anche un modo per ringraziare i ragazzi della scorta che non ci sono più». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero