A dieci anni dai tragici accadimenti legati al terremoto dell'Aquila e alla maxi inchiesta sui crolli degli edifici pubblici e privati, un altro filone d’inchiesta si...
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Ora con la morte dell’anziano imputato si chiude anche la possibilità da parte dei parenti delle vittime di poter proseguire l’azione civilistica. Il 30 ottobre 2012 l’imputato era stato condannato a 3 anni dal giudice del Tribunale dell’Aquila, Giuseppe Grieco per omicidio colposo plurimo e disastro colposo, accogliendo la richiesta dell’accusa rappresentata dal pubblico ministero Fabio Picuti, che ha diretto insieme al sostituto Roberta D’Avolio la maxi inchiesta sui crolli.
I due edifici si trovavano all’interno delle mura del centro storico, nelle vicinanze della Villa comunale, ed erano in cemento armato. Tra le 27 vittime di quelle palazzine, la moglie e la figlia del consigliere comunale Vincenzo Vittorini, già presidente dell’associazione 309 martiri prima di impegnarsi in politica per condurre una battaglia in favore della sicurezza degli edifici. Angelini è stato l’unico sopravvissuto tra i cinque presunti responsabili individuati dalla pubblica accusa per il crollo dei due edifici (civico 33 e 39) di via Luigi Sturzo. Secondo la consulenza medica presentata dall’avvocato Augusto Di Sano, lo stesso non poteva stare in giudizio per una grave malattia. Una consulenza che, ha avuto origine nell’ambito di un altro procedimento penale in cui risultava imputato sempre Angelini. Sempre la difesa, in primo grado, aveva chiesto invano al giudice che venisse disposta una superperizia visto che sul crollo esiste soltanto una consulenza commissionata dalla Procura. Inizialmente c’erano due singoli procedimenti giudiziari per ognuna delle palazzine, poi riunificati su richiesta del pm Picuti. Entrambe le strutture furono edificate tra il 1962 e il 1965 e, secondo i consulenti, sono crollate per la scarsità del calcestruzzo e carenza di staffe di collegamento delle armature. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero