Gran Sasso, Giuliante: «Con queste norme lo sviluppo è impossibile»

Gianfranco Giuliante
L'AQUILA - «Il Gran Sasso è predestinato a morire». Dove quel «predestinato» sta per «condannato» se si guarda la «pianificazione politico amministrativa» e il...

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L'AQUILA - «Il Gran Sasso è predestinato a morire». Dove quel «predestinato» sta per «condannato» se si guarda la «pianificazione politico amministrativa» e il «miope ambientalismo» che hanno portato a «iter autorizzativi impossibili» e «divieti che azzerano ogni possibilità di sviluppo».




E’ durissima la posizione di Gianfranco Giuliante (nella foto), tra le altre cose ex vice presidente di Federparchi, nell’aspro dibattito sul futuro della montagna aquilana. «Mi piacerebbe – spiega Giuliante – che questa fotografia della realtà divenisse oggetto di riflessione e non solo di polemica politica». E cioè: «Viviamo in un Parco che “contra legem” utilizza da oltre vent’anni le norme di salvaguardia, che per ratio dovrebbero essere circoscritte a periodi brevi perché iper vincolistiche. La legge le ipotizza necessarie per periodi a ridosso dell’istituzione di un Parco per impedire gli abusi. Questo la dice lunga sulla furba pigrizia dell’ambientalismo e sul blocco indotto di ogni azione di sviluppo».



LA POLITICA

A questo, dice Giuliante, si aggiungono ulteriori «armi letali» fornite dalla politica: «Tutto il territorio del nostro Parco è Zps, zona di protezione speciale, e Sic, sito di interesse comunitario. La Regione Abruzzo, all’epoca della giunta Falconio, identificò tutto il territorio Parco come interesse comunitario, non porzioni o siti puntiformi. Nelle diverse gradazioni di tutela, inoltre, il comune dell’Aquila è stato indicato come habitat prioritario, quindi intoccabile. In queste condizioni, a fronte di segnalazioni di interventi in zona Sic-Zps, la Commissione europea è tenuta a bloccare ogni iniziativa immediatamente. A ciò si deve aggiungere che l'Italia ha deciso l'immediata applicazione delle decisioni della Commissione sul nostro territorio». Una tenaglia, insomma, tra Parco, Regione ed Europa, che «non lascia via di scampo». «Si cerchi di essere dignitosi – chiude Giuliante – chi ieri applaudiva e oggi scopre di essere castrato non urli a posteriori».



IL PIANO


Sul tema è intervenuto anche il consigliere regionale del Pd, Pierpaolo Pietrucci, che ha strigliato il Parco sui ritardi nell’approvazione del suo piano: « Sono quindici anni che lo aspettiamo invano, ormai ci sono tutte le condizioni per approvarlo. Procedere con le clausole di salvaguardia, come si è fatto finora, limita lo sviluppo e produce uno scollamento con le esigenze delle popolazioni». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero