Faceva la bella vita, tutti lo conoscevano come imprenditore, ma di fatto risultava nullatenente. Non aveva intestate auto né altri beni mobili e immobili. Dalle carte era...
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Nei guai insieme a lui, che fra l'altro è molto noto in paese, sono finite altre tre persone, per lo più prestanomi. Dall'analisi dei dati relativi all'azienda stessa è venuta una situazione paradossale. Non sembrava avere mezzi di sostentamento plausibili e nei bilanci risultavano continue perdite. E' inoltre emerso che, nonostante ripetuti trasferimenti di quote e nomina formale di terzi amministratori (familiari e stretti collaboratori), la gestione di fatto dell'attività era nelle mani dell'imprenditore, il quale disponeva a piacimento dei conti societari. E' stata pertanto avviata una attività investigativa ad ampio raggio nei confronti sia del dominus che dei suoi prestanome, che ha consentito di sequestrare, in un appartamento di uno dei soci, nascosto all'interno di un locale lavanderia un server contenente la contabilità "parallela" a quella ufficiale.
La società, infatti, attraverso uno stratagemma informatico, deteneva due contabilità: una ufficiale e artefatta, in base alla quale venivano redatte le dichiarazioni dei redditi e dell'Iva, che chiudevano sistematicamente in perdita o con utili trascurabili; l'altra, reale e occulta, che riportava l'effettivo ammontare delle transazioni effettuate, dei movimenti di cassa e del magazzino, che chiudeva con saldi annuali molto positivi e con utili straordinari. Al termine della minuziosa ricostruzione, i finanzieri del comando provinciale hanno accertato una evasione di imposte sui redditi per oltre 5,7 milioni di euro e di Iva per più di un milione e 200 mila euro, che ha fatto scattare le denunce. La notizia dell'operazione delle fiamme gialle è immediatamente rimbalzata in paese. La ditta, che oltre a produrre vende gioielli, è infatti fra le più conosciute e grandi della zona. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero