Scatta il fermo biologico, i pescatori abruzzesi protestano: «Ci ha già bloccati il Covid»

Scatta il fermo biologico, i pescatori abruzzesi protestano: «Ci ha già bloccati il Covid»
Da oggi, fino al 15 settembre, niente pesce fresco nei ristoranti, pescato nell’Adriatico, per via del fermo biologico, che scatterà per tutta la costa che va da...

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Da oggi, fino al 15 settembre, niente pesce fresco nei ristoranti, pescato nell’Adriatico, per via del fermo biologico, che scatterà per tutta la costa che va da Termoli a san Benedetto del Tronto. Sul piatto il pesce non mancherà, ma sarà di importazione o congelato. Un provvedimento, questo del ministero delle Politiche agricole, che non è piaciuto ai ristoratori, ma neanche a chi il pesce lo pesca nella zona, come gli armatori della marineria di Pescara.


«È un disastro – sottolinea subito Riccardo Padovano, nella veste di vice presidente della Fipe Pescara, la federazione italiana dei pubblici esercizi – anche perché veniamo da un precedente fermo, quello dovuto dal lockdown per l’emergenza sanitaria da coronavirus. Le direttive europee, infatti – continua Padovano – ci chiedono un fermo di 45 giorni, senza indicare una data. Tuttavia ne abbiamo avuto già uno. Perché, dunque, un nuovo fermo? Inutile, poi – spiega il rappresentante dei pubblici esercizi – appellarsi, come hanno fatto al ministero, alla burocrazia e ai regolamenti. I regolamenti si sarebbero potuti modificare e rinviare il fermo biologico in ottobre. L’Abruzzo ne esce molto penalizzato – conclude Padovano – in quanto i tanti turisti di prossimità, che quest’anno sono venuti a trascorrere la vacanze da noi, ci chiedono le specialità di pesce nostrane».


Un fermo biologico, quello che si inizia oggi, che non è andato giù neanche agli operatori della marineria. «Siamo arrabbiati – dice senza mezzi termini uno degli armatori storici della città, Massimo Camplone – anche perché i nostri marinai rivedranno uno stipendio decente alla fine di ottobre. E dire che siamo già notevolmente in sofferenza, dopo i mesi di fermo a cui abbiamo dovuto ottemperare a causa del Covid. In quest’occasione, pur di andare a lavorare, avevamo chiesto il minimo indispensabile – continua Camplone, titolare di quattro imbarcazioni, e animatore dell’annuale festa di sant’Andrea - ovvero, di poter continuare a lavorare, in questo periodo, tre giorni alla settimana, quindi 12 giorni al mese. Ma niente, non ci hanno dato retta. E per questo sono indignato anche con alcune nostre associazioni di categoria, che non ci hanno rappresentati come noi desideravamo». Un divieto di pesca, rimarcano dalla marineria della città, composta da una cinquantina di barche, che non aiuterà la ripresa del settore.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero