Violenze, denuncia il marito poi ci ripensa: l'uomo assolto, lei riscia l'accusa

Il Tribunale di Teramo
Aveva trovato il coraggio di denunciare il marito che, stando alla sua iniziale versione, la picchiava e la teneva chiusa in casa per gelosia. Ma poi ha ritrattato tutto ed ha...

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Aveva trovato il coraggio di denunciare il marito che, stando alla sua iniziale versione, la picchiava e la teneva chiusa in casa per gelosia. Ma poi ha ritrattato tutto ed ha persino ritirato la querela ed ora è lei che è finita a processo con l’accusa di falsa testimonianza di fronte al giudice. La donna è una marocchina 35enne che vive a Teramo e che adesso rischia anche l’accusa di calunnia perché l’altro giorno il gup Roberto Veneziano in udienza preliminare ha inviato gli atti alla Procura per valutare se sussista anche questa ipotesi di reato nei suoi confronti.


Recentemente era stata proprio lei a denunciare alle forze dell’ordine il marito violento, suo connazionale, e a raccontare di presenti maltrattamenti domestici che andavano avanti addirittura dal 2014. Botte e soprusi ai quali si era finalmente ribellata. La donna aveva parlato di una situazione davvero drammatica con il marito che non la faceva uscire di casa per gelosia e per cultura. Anni di sottomissione che sembravano finiti con quella denuncia. Tutto raccontato attraverso un’interprete in fase di incidente probatorio, proprio per cristallizzare le prove per un eventuale futuro processo per maltrattamenti nei confronti di quel marito.

Poi la ritrattazione con la denuncia – querela ritirata e la versione della donna secondo la quale l’interprete avrebbe compreso male le sue parole. E così, l’altro giorno, in udienza preliminare, il gup ha prosciolto il marito dall’accusa di maltrattamenti, e mandato invece a processo quella che inizialmente sarebbe dovuta essere la parte offesa, ossia la marocchina 35enne, accusata ora di falsa testimonianza davanti al giudice, con gli atti inviati al pm titolare del fascicolo, Greta Aloisi, per valutare l’ipotesi di calunnia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero