Architetto ucciso al bar, scarcerato il presunto mandante Natale Ursino

Architetto ucciso al bar, scarcerato il presunto mandante Natale Ursino
Natale Ursino torna a casa: esce dal carcere di Regina Coeli e riprende la strada della sua abitazione nel Teramano. Ed è uno stop non indifferente quello che il Tribunale...

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Natale Ursino torna a casa: esce dal carcere di Regina Coeli e riprende la strada della sua abitazione nel Teramano. Ed è uno stop non indifferente quello che il Tribunale del Riesame dell'Aquila, mette all'inchiesta sull'agguato del primo agosto al Bar del Parco: è stata annullata l'ordinanza di custodia cautelare con cui il pregiudicato calabrese, ritenuto elemento di spicco della 'ndrangheta, fu arrestato, accusato di essere il mandante dell'omicidio dell'architetto Walter Albi e del tentato omicidio del suo amico Luca Cavallito.

Entro un mese e mezzo si conosceranno le motivazioni che hanno portato il giudice ad accogliere l'istanza dell'avvocato Cesare Placanica del foro di Roma e dell'avvocato Giovanni Scarfò del foro di Locri che difendono il calabrese. «Abbiamo prospettato la mancanza di alcuni passaggi fondamentali - spiega proprio l'avvocato Placanica - in un procedimento indiziario. E gli indizi, sia pur brillantemente sintetizzati nell'ordinanza di custodia cautelare, non hanno superato il limite della gravità».

Lo schema dell'accordo che avrebbe legato Natale Ursino a quello che viene considerato l'esecutore materiale del delitto, il pescarese Mimmo Nobile, non avrebbe retto alla verifica del Riesame. È il secondo passo falso dell'inchiesta della Procura di Pescara: già l'incidente probatorio con cui l'avvocato Luigi Pelusi, difensore proprio di Mimmo Nobile, aveva voluto cristallizzare la perizia sulle tracce genetiche rinvenute su alcuni oggetti aveva dato, per l'accusa, esito negativo. Su nessuno degli oggetti rinvenuti era stato trovato il Dna delle persone indagate per il delitto: c'erano invece i profili di altre tre persone, al momento rimaste sconosciute.

Resta aperta anche la questione dell'arma: tra gli oggetti repertati c'è il castello di una pistola, identificata come quella rubata ad una guardia giurata nel corso di una rapina per la quale sempre Nobile è indagato. Uno dei complici avrebbe raccontato che la pistola l'avrebbe presa e tenuta lui, perché gli serviva. Era l'11 luglio dello scorso anno, venti giorni dopo ci fu la sparatoria sulla strada parco. Ma in mancanza della canna non è stato possibile effettuare una comparazione scientifica che consenta di attribuire a quella pistola Beretta i bossoli recuperati al Bar del Parco. Quel pezzo di arma, ora, sarà sottoposto ad ulteriori accertamenti per verificare se è possibile trovare degli elementi di connessione. Che non riguarderebbero però Natale Ursino: uno dei problemi che la difesa del calabrese si pone è sostanzialmente quello del movente e, contestualmente, anche di quali fossero realmente i rapporti che lo legavano a tutte le persone coinvolte nella vicenda.

In sostanza non emergerebbe la prova evidente di quando e perché Ursino abbia dato a Nobile l'incarico di uccidere. Di certo la decisione del Riesame spariglia le carte del pool di magistrati (il procuratore capo Giuseppe Bellelli, l'aggiunto Anna Rita Mantini e il sostituto Andrea Di Giovanni) che da agosto stanno lavorando sul caso. L'avvocato Pelusi, per Nobile, ha scelto una strada diversa e intanto attende anche lui «di conoscere le motivazioni con cui il ricorso è stato accolto». Come dire: la partita è ancora aperta.

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Il Messaggero