Covid, infermiera denuncia: «Io, infetta per mancanza di mascherine. Ho contagiato mio padre ed è morto»

Tre cliniche private sono finite sotto la lente della Procura di Pescara che ha aperto un’inchiesta allo scopo di accertare se nei mesi scorsi, nel pieno...

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Tre cliniche private sono finite sotto la lente della Procura di Pescara che ha aperto un’inchiesta allo scopo di accertare se nei mesi scorsi, nel pieno dell’emergenza Covid, siano state commesse irregolarità nella fornitura dei dispositivi protezione al personale sanitario. Il fascicolo, che al momento non conta indagati, è sul tavolo del sostituto procuratore Anna Benigni. Tutto nasce da un esposto presentato dal Nursind, il sindacato degli infermieri, che ha denunciato gravi responsabilità delle strutture per non avere garantito al personale la possibilità di operare in sicurezza durante l’emergenza e per avere dunque favorito la diffusione del contagio tra i dipendenti.


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La posizione più critica appare quella di una Rsa che è finita anche al centro di una denuncia presentata da una ex infermiera. La donna, che ha prestato servizio nella casa di cura dall’11 marzo al 3 aprile scorsi, sostiene di avere contratto il virus sul posto di lavoro, finendo poi per contagiare l’intero nucleo familiare: padre, madre, zio e figlia minorenne, con i quali convive a Cappello sul Tavo. Il padre, di 64 anni, un mese dopo è morto in ospedale proprio a causa del virus, mentre lo zio invalido risulta tuttora malato. I vertici della rsa avrebbero scaricato le responsabilità sull’infermiera, accusandola di essersi recata al lavoro nonostante fosse consapevole di essere positiva al Covid.


La donna, assistita dall’avvocato Carlo Corradi, respinge con forza tale addebito e anzi punta il dito contro l’azienda, ritenendola responsabile di “avere determinato il suo contagio”, successivamente risultato letale per il padre. Nella denuncia fornisce un’accurata ricostruzione dei fatti, con dettagliati riferimenti temporali, evidenziando come nell’ultimo periodo sia stata “costretta ad accudire, oltre agli anziani ospitati nella Casa di Cura, anche persone che erano state fino a quel momento ricoverate all’interno dell’Ospedale Civile di Pescara per svariate patologie e di lì trasferite presso la Rsa. In particolare lamenta di essersi trovata ad operare “in un ambiente gravemente esposto al contagio, in assenza di specifica informativa, di specifica formazione anticontagio, in assenza di minimi strumenti di prevenzione anticontagio, in assenza di adeguati dispositivi e presidi Dpi”. Spetterà ora agli inquirenti fare piena luce sull’accaduto e individuare eventuali responsabilità. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero