Offese e insulti su Fb. Il Lanciano calcio licenzia il giocatore Antonio Illiano. E a nulla sono servite le scuse del calciatore e la spiegazione: «E' stato mio fratello...
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«A partire da questo momento non è più del Lanciano - comunica la società in una nota sul suo sito ufficiale - Il nostro è un progetto che guarda ben oltre il campo: la nostra società vuole e deve essere un esempio da seguire dentro e fuori dal terreno da gioco. Certi comportamenti sono assolutamente inammissibili e la società si riserva di valutare eventuali azioni legali al riguardo del danno d'immagine procurato». Il giocatore rossonero si è giustificato affermando che gli improperi, apparsi sulla pagina Fb del sito di informazione Videocittà di Lanciano, sono opera di un fratello che sarebbe entrato sul social attraverso il suo account. «A scrivere quel post è stato mio fratello gemello con cui avevo l’account in comune – spiega Illiano – e lo ha fatto ovviamente in mia assenza e senza il mio consenso. Mi scuso umilmente con la società e con l'avvocato Rapino, per il suo comportamento inappropriato. Non voglio pagare io le conseguenze; mi trovo più che bene con questa società».
Ma il Lanciano 1920 pare irremovibile: «Presa visione delle espressioni incresciose e degli insulti rivolti dal proprio tesserato Antonio Illiano sotto un post della pagina Facebook di una famosa testata locale, si scusa innanzitutto con il signor Dario Rapino, vittima delle ingiustificate ingiurie, e con la redazione di Videocittà, testata che ha dovuto assistere ed essere coinvolta in questo imbarazzante episodio».
L'avvocato Rapino commenta: «Mi ha contattato più volte la famiglia del calciatore e mi ha chiesto scusa. Ne prendo atto e le accetto. Ma l'episodio mi è dispiaciuto perché sta diventando usuale che qualsiasi commento si faccia su Fb ti insultano. Illiano non lo querelo. Per me la vicenda è chiusa, ma d'ora in avanti le querele le farò per altri, perché non se ne può più di insulti. Quanto al provvedimento adottato, esso riguarda esclusivamente il Lanciano 1920; è un problema tra lui e la società». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero