Coronavirus, lo studente pescarese evacuato da Wuhan: «Mi sono svegliato e tutto era cambiato»

Coronavirus, lo studente pescarese evacuato da Wuhan: «Mi sono svegliato e tutto era cambiato»
Dal fulcro della pandemia a casa. E i ricordi, ad un anno di distanza, dai momenti concitati del trasferimento da Wuhan a Pescara, passando per la quarantena alla Cecchignola a...

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Dal fulcro della pandemia a casa. E i ricordi, ad un anno di distanza, dai momenti concitati del trasferimento da Wuhan a Pescara, passando per la quarantena alla Cecchignola a Roma e poi finalmente il rientro in Abruzzo. Ventitré anni, al quinto anno di giurisprudenza a Trento, lo studente pescarese Lorenzo Di Berardino era fra i 55 italiani provenienti da Wuhan che l’anno scorso a inizio febbraio, dopo il rientro con un Boeing dell’Aeronautica militare, passarono i loro diciassette giorni di isolamento nella cittadella militare a Roma.

Si trovava in Cina grazie ad un convenzione tra l’ateneo trentino e quello cinese di Zuel, per corsi di approfondimento sul diritto internazionale. E allo scoppio dell’emergenza Covid, passò due settimane nel campus universitario, in attesa. «Sento ancora degli studenti cinesi conosciuti durante il corso - commenta Lorenzo Di Berardino .- Ma non parliamo del virus, ci contattiamo per scambiarci qualche foto ritrovata, per farci gli auguri».

Ricorda quei giorni fra spaesamento e gratitudine. «Ci siamo svegliati da un giorno all’altro e tutto era cambiato - aggiunge -. Certo che avevamo paura, si conosceva ben poco del virus, quali fossero le vie di trasmissione ad esempio. In ambasciata poi hanno avuto bisogno di tempo per organizzare il trasferimento. Della quarantena alla Cecchignola ricordo grandi attenzioni e massima disponibilità, notte e giorno, non finirò mai di ringraziarli. C'era sempre qualcuno a cui rivolgersi, per eventuali cure mediche nonché per la gestione dello stress, comprensibile. Inoltre, siamo partiti con un bagaglio minimo e all'arrivo in Italia mancavano anche cose di prima necessità. Ho finito di ricevere ciò che avevo lasciato in Cina lo scorso ottobre, me le sono fatte spedire quando è stato possibile».

Dopo un anno l’emergenza non è ancora terminata. «Non esprimo giudizi, non sta a me e non mi sento nella posizione di farlo. La mia è solo un’analisi oggettiva. Lì stanno tornando con lentezza ad una qualche forma di normalità, noi siamo nell’emergenza fino al collo, fino a questi ultimi giorni». 

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Il Messaggero