Procede l’inchiesta della procura Teramo sui contagi Covid-19 di sanitari e pazienti all’ospedale Mazzini. Ieri, nella caserma della finanza di Teramo, è stato...
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Una testimonianza forte, al vaglio dei pm Stefano Giovagnoni e Davide Rosati che procedono per il reato di lesioni colpose, al momento, contro ignoti. L’indagine è finalizzata ad accertare, come stabilito dall’articolo 590 del codice penale, fatti commessi alla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Non è da escludere che, a breve, a questa ipotesi se ne possano aggiungere altre. Da quando si apprende, l’inchiesta sarebbe nata in seguito di un esposto fatto dal Nursind (sindacato delle professioni infermieristiche) ai carabinieri del Nas di Roma e alle procure di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo. Il segretario del Nursind di Teramo, Giuseppe De Zolt dice: «Alla Asl di Teramo si sono infettati 80 operatori sanitari, di questi 57 sono infermieri. I focolai, all’inizio dell’epidemia, si sono sviluppati nei reparti di oncologia e medicina perché non essendo identificati come reparti Covid-19 il Dvr aziendale (documento di valutazione dei rischi) non prevedeva l’utilizzo delle
necessarie precauzioni per il coronavirus. In poche parole l’azienda ha sottovaluto il pericolo».
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Il sindacato nazionale degli infermieri nell’esposto ha messo nero su bianco che «con molto rammarico, è doveroso affermare che la disponibilità, professionalità e dedizione sempre dimostrate dagli infermieri potrebbero non bastare non verrà garantita la possibilità di esercitare in piena sicurezza, in quanto nelle strutture sanitarie abruzzesi vengono negati gli idonei Dpi (dispositivi di protezione individuale). Inoltre l’atteggiamento di qualche direttore generale e direttore sanitario è stato quello di minimizzare il problema dicenso che non sono necessari i Dpi se non per pazienti altamente sospetti o confermati positivi, accusando gli operatori di utilizzare i Dpi in maniera impropria, così da creare allarmismo tra i pazienti nonché, cosa più vergognosa, di ledere l’immagine dell’azienda, oppure obbligare a trasportare un paziente positivo al Covid-19 senza la barella biocontenimento da un presidio ospedaliero a un altro come se fosse un paziente qualsiasi, con il rischio probabile di contagiare ambienti. Al contrario da quanto prevede il protocollo firmato tra governo e parti sociali per la “regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” prevede l’utilizzo di guanti, occhiali, tute, cuffie, camici». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero