Coronavirus, ristoratore italo-cinese denuncia: mi hanno detto che porto il virus

Coronavirus, ristoratore italo-cinese denuncia: mi hanno detto che porto il virus
Studente un po’ scavezzacollo ma bravissimo all’Istituto alberghiero di Giulianova. Da buon cinese amava e ama il sushi e, appena diplomato, ha cominciato a lavorare...

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Studente un po’ scavezzacollo ma bravissimo all’Istituto alberghiero di Giulianova. Da buon cinese amava e ama il sushi e, appena diplomato, ha cominciato a lavorare in un ristorante cinese. L’anno scorso il grande passo: ha aperto un suo ristorante, il “Fujiama”, con specialità cinesi e giapponesi e cuochi da quei Paese. Un grande successo, tanta gente in quel ristorantino sul lungomare centrale. Ma, all’apparire dei primi allarmi sul Coronavirus gli affari sono andati scemando. «E adesso la situazione non è come prima, è tranquilla, anche troppo». Oltre al calo degli affari, il cuoco ha denunciato ieri di essere stato vittima di razzismo.

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«Mi chiamo JiaCun Wu sono nato in Italia, da ormai più di 10 anni vivo a Giulianova. Stamattina ho avuto la prova che il razzismo esiste ancora. Verso le 11 stavo andando presso il mio ristorante, situato sul lungomare di Giulianova, passando per la strada della pasticceria sprint e hotel cristallo. Davanti a me c’era un Suv con dentro mamma e figlia di 15 anni, parcheggiata sul bordo della strada, mentre la figlia risaliva in macchina: Mamma c’è un cinese! La mamma: chiudi la porta che questo porta il virus. Ma io dico no? Ma questa è l’educazione che date ai vostri figli?», è il suo post pubblico su Facebook. 
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Una valanga di messaggi di solidarietà, compresi quelli di alcuni ristoratori italiani. Un’altra volta, sempre amareggiato, dice: «Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato la semplice arte di vivere insieme come fratelli. Sono italo cinese, non trattarmi come un virus, il pregiudizio e la diffidenza ci faranno diventare di nuovo estranei, ma non lo siamo, perché siamo umani, uguali che ogni giorno lottano per ottenere una serena vita e sprazzi di felicità». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero