Coronavirus, lo studente abruzzese in Cina: «Qui è un deserto»

«Poche macchine, pochi taxi, strade deserte. C'è molta paura: le persone preferiscono restare a casa, i negozi sono chiusi, i ristoranti anche. In molti hanno...

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«Poche macchine, pochi taxi, strade deserte. C'è molta paura: le persone preferiscono restare a casa, i negozi sono chiusi, i ristoranti anche. In molti hanno annullato i voli, In giro turisti zero». È una scena spettrale quella raccontata da Marco Quaglieri, abruzzese che vive a Chongqing, città-metropoli cinese, 30 milioni di abitanti, che conta molti casi di infezioni da coronavirus e si trova ad affrontare l'emergenza sanitaria. Una città deserta,

quasi da day after, che, spiega Quaglieri, colpisce ancor di più visto che «in questo periodo del capodanno cinese in genere brulica di turisti, ma quest'anno non è così».

Trent'anni, di Aielli (L'Aquila), Quaglieri vive da poco più di due anni in Cina, dove lavora come insegnante di italiano in una struttura privata. «La Cina è sostanzialmente ferma a causa del virus - racconta - Qui a Chongqing si contano ormai più di 50 persone infette, è la seconda città per numero di casi. Il Governo raccomanda di prendere le misure di precauzione di base per evitare il contagio: evitare luoghi affollati, indossare sempre la mascherina, lavare spesso le mani ed evitare di uscire».

Insomma il virus e la paura del contagio hanno trasformato la megalopoli in una città fantasma.
«Molti eventi pubblici, come manifestazioni, parate, e concerti, sono stati cancellati e in molti uffici e strutture
sono state prolungate le vacanze. Io sarei dovuto tornare a lavoro il prossimo weekend e invece non ci è permesso riprendere le lezioni - spiega ancora - Tutto è stato rimandato a data da destinarsi. Quest'anno, cioè l'anno del topo, è partito in malo modo a causa di quella che ha tutti i presupposti per diventare
una catastrofe», conclude il giovane abruzzese. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero