Coronavirus, il messaggio del marito dall'ospedale: «Mi stanno intubando, ciao»

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«Ti dico solo che quando è arrivata la videochiamata della dottoressa il 12 aprile alle 20.30, che mi faceva vedere che ce l’avevi fatta, ho capito che finalmente era iniziata la Pasqua anche per noi perché tu eri risorto, più forte e tenace di prima». E’ lo sfogo liberatorio, una sorta di messaggio indiretto al marito, quello di una moglie che l’altro ieri ha potuto riabbracciare e riportare a casa il compagno della sua vita e padre dei suoi tre figli.


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Parole che raccontano giorni lunghissimi di amore e sofferenza, di dolore e speranza. Il marito è appena uscito dall’incubo Covid-19 dopo le cure nell’ospedale di Chieti e ora, con tutte le cautele possibili, sta cercando di recuperare le forze fisiche, perchè la riabilitazione in ospedale non esiste, anche quelle psicologiche. Tutto inizia con la febbre alta, quattro giorni fra 38.5 e 39 gradi, una febbre che non scende. Il quinto giorno la donna chiama il 118 ma ci son troppe richiesta di assistenza e allora la coppia, che ha tre figli minori, decide di andare direttamente in ospedale.

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«Ci apre una dottoressa travestita da marziano - continua la donna - Ci guardiamo dietro alle mascherine verdi, scivolano lacrime dentro alle mascherine verdi, il dolore e la paura inzuppano le mascherine verdi. Una carezza sul viso, il borsone che passa dalla mia spalla alla sua spalla, lui che entra per cercare di tornare a vivere». Moglie e marito da quel momento restano in contatto solo attraverso i messaggini, dal 26 marzo, giorno del ricovero, al primo aprile, quando lui viene trasferito in terapia intensiva. «Mi ha scritto un messaggio: mi stanno intubando, ciao. E lì, giuro, mi è caduto il mondo addosso» racconta lei, rievocando dodici giorni difficilissimi, fra paura e attesa, perchè il marito nel frattempo non risponda alle terapie.


Poi quella videochiamata che, di lì a qualche giorno, spalanca le porte alle dimissioni, destinazione casa. Solo domenica scorsa, il tampone è stato fatto anche alla moglie che vive chiusa in casa, e non esce neppure per la spesa, in attesa dell’esito. «Quando ho detto che mio marito era intubato dovevano correre immediatamente, d’urgenza, farlo a me, ai miei suoceri, invece niente- sottolinea fra amarezza e rabbia la donna - Il mio lo hanno mandato a Teramo, dicono che lì la media è di cinque giorni per avere la risposta». Il cammino per ritornare una vita normale si annuncia lungo e impegnativo, fra mille precauzioni e attenzioni. «Ma adesso è un’altra vita, mio marito è tornato a casa», dove fra qualche giorno taglierà il traguardo dei 50 anni.
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Il Messaggero