Nelle zone rurali dell' Abruzzo, e non solo, sono ormai dappertutto perché seguono le prede selvatiche, cinghiali e caprioli che hanno ricolonizzato aree dove non erano...
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«Il lupo sa valutare se l'uomo è presente e se costituisce una minaccia - spiega Simone Angelucci, responsabile veterinario del Parco Nazionale della Majella, ricordando che molti allevamenti non sono predati proprio perché
c'è il pastore, oltre ai cani». «Il dato ecologico forte - precisa - non è solo la reintroduzione di questi animali sul
territorio, ma l'abbandono che riguarda aree non solo della Marsica, di Majella, Gran Sasso o Sirente. I cambiamenti nel mondo agricolo hanno portato ad abbandonare ampie aree di territorio nelle zone periurbane e il bosco che ormai penetra nelle città offre cespuglieti come ottimo rifugio per ungulati».
Sulla Majella, racconta Angelucci: «Abbiamo 10 branchi di lupi con una struttura sociale molto consolidata, dai 7-8
individui a 12-14 per branco. Nelle aree montane appenniniche sopravvivono grazie all'abbondanza di prede selvatiche, cinghiali per il 70-80% della dieta, poi caprioli e cervi. Ci sono periodi dell'anno, come questo, in cui i maschi giovani, di 1 o 2 anni, vengono allontanati dal branco per mantenere l'equilibrio. È il periodo degli amori, gli animali cominciano a scegliere la tana, per il parto previsto nella seconda metà di maggio. I lupi giovani, quindi, abbandonano il branco e si spingono fino ad aree collinari o periurbane».
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Il Messaggero