«Presentatevi e dite buongiorno» Cialente contro gli impiegati cafoni

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L’AQUILA «I secchi per la differenziata? Se li vuoi vieni a...

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L’AQUILA «I secchi per la differenziata? Se li vuoi vieni a prenderteli!». Questa è solo una delle frasi scortesi, che i cittadini sono costretti a ingoiare, al telefono con alcuni dipendenti del Comune dell’Aquila che non sanno cosa siano bon ton e cortesia. Nel caso specifico della richiesta dei secchi per i rifiuti a subire la scortesia con parole in dialetto è stato proprio il padre del sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente. Troppe le lamentele dei cittadini utenti contro alcuni impiegati del comune maleducati al telefono. Tanto è bastato al sindaco per emettere una dura disposizione sindacale inviata ad assessori, dirigenti, amministratori e direttori delle municipalizzate. Il primo cittadino ha disposto che da oggi in poi, nel rispondere al telefono, i dipendenti usino la seguente formula di cortesia: «Pronto, buongiorno, Comune dell’Aquila, sono Tizio o Caio». Una «norma elementare di buona educazione e trasparenza», spiega il sindaco che ricorda ai suoi che anche ai cittadini che «a volte sono esasperati (spesso, a ragione, anche un po’... aggressivi) si deve rispondere sempre cortesemente». Per chi persevererà nella scortesia e «non dovesse riuscirci, può cambiare lavoro o mettersi in aspettativa». Oltre alla scortesia, i cittadini lamentano l’impossibilità di contattare gli interni del Comune dell’Aquila, né tantomeno i telefonini di servizio di funzionari e dirigenti. A far traboccare il vaso, spiega il sindaco, «sono stati in particolare due episodi di scortesia nei confronti di anziani aquilani e stranieri». Cialente ha chiesto all’assessore al Personale di rendere obbligatorio per tutti i dipendenti l’esposizione del badge con nome e cognome. Non è la prima volta che Cialente richiama i dipendenti a un atteggiamento meno scortese. Nel dicembre del 2012 inviò una durissima nota a seguito di numerose segnalazioni e lamentele inerenti il loro comportamento. L’attacco però non è piaciuto a Uil e Cgil, che stigmatizzano la disposizione, «non essendo consentito a nessuno di formulare richiami collettivi che hanno il sapore di una azione diffamatoria».
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Il Messaggero