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CHIETI - Le scariche elettriche del taser, l'iniezione di sedativi o magari un trauma causato dai colpi che si è autoinferto? Solo l'autopsia, fissata per domani, potrà chiarire le cause della morte del 35enne Simone Di Gregorio e indirizzare l'indagine aperta dalla Procura di Chieti in modo più netto. Il nodo è tutto qui: capire cosa abbia provocato il decesso del 35enne residente a San Giovanni Teatino, affetto da problemi mentali e per questo in cura, fermato l'altro giorno in uno stato di fortissima agitazione a ridosso del tracciato ferroviario della cittadina anche con l'ausilio della pistola elettrica in dotazione alle forze dell'ordine. Ma c'è di più. Sembra che i genitori del ragazzo, consci dei problemi di salute mentale, negli ultimi giorni fossero riusciti a ottenere un ricovero in Psichiatria, da cui, però, il 35enne sarebbe "fuggito" firmando per autodimettersi. Anche questo aspetto, piuttosto delicato, è al vaglio degli inquirenti nell'ambito dell'indagine, di cui è titolare il sostituto procuratore della Repubblica di Chieti, Marika Ponziani, aperta al momento contro ignoti con l'ipotesi di omicidio colposo.
I fatti si sono succeduti l'altra sera in pochi minuti.
Il ragazzo, a quanto pare seguito dal Centro di Igiene mentale di Pescara, è stato bloccato a ridosso del tracciato ferroviario e, nonostante i tentativi dei carabinieri di contenerlo, anche con l'utilizzo del taser, è morto prima ancora di salire sull'ambulanza del 118 dopo che i sanitari avevano cercato di sedarlo con un'iniezione prevista dal protocollo. Le circostanze che hanno portato a questa drammatica conclusione sono ancora un giallo. Testimoni oculari riportano che l'uomo fosse visibilmente agitato, tanto da colpire la sua auto con calci e testate. Ancora più allarmante è stata la sua decisione di spogliarsi quasi completamente in strada - coprendosi solo i genitali con la maglietta - e intraprendere una corsa in direzione dei binari ferroviari.
LA POLEMICA
La questione dell'utilizzo del taser da parte delle forze dell'ordine è tornata così al centro dell'attenzione. Valter Mazzetti, segretario generale Fsp Polizia di Stato, ha difeso l'utilizzo del taser come uno strumento vitale per la sicurezza delle forze dell'ordine. Ha sottolineato che il taser, «se usato correttamente, può essere uno strumento indispensabile per proteggere la vita», ma ha anche evidenziato la necessità di una formazione adeguata per i suoi utilizzatori. Il garante dei detenuti, Mauro Palma, ha detto che «non è accettabile che l'operazione per ricondurre alla calma una persona in evidente stato di agitazione e, quindi, di difficoltà soggettiva, si concluda con la sua morte». Leggi l'articolo completo suIl Messaggero