Bidella uccisa, l'accusa: «Il marito non volle accendere la luce ai soccorritori»

Bidella uccisa, l'accusa: «Il marito non volle accendere la luce ai soccorritori»
È prostrato Adolfo Rodolfo Di Nunzio, 71 anni, di Lanciano, arrestato l’altro pomeriggio per l’omicidio volontario della moglie Annamaria D’Eliseo 60...

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È prostrato Adolfo Rodolfo Di Nunzio, 71 anni, di Lanciano, arrestato l’altro pomeriggio per l’omicidio volontario della moglie Annamaria D’Eliseo 60 anni, bidella. Lui nega ogni responsabilità, ma a inchiodarlo è la relazione tecnica di Christian Franciosi, consulente informatico, depositata l’8 gennaio scorso. Analizzando i supporti video e audio delle telecamere presenti in casa e nel vicinato, in alcuni frammenti emerge in tutta la sua drammatica sequela il disperato grido d’aiuto della donna durato 6 secondi: «No, noo, lasciami, no. Lasciami». E ancora: «Aaah, aah, uah». Dopodiché le urla si affievoliscono in gemiti appena percettibili. Gemiti di morte registrati esattamente alle 13.06 del 15 luglio 2022 giorno dello sconcertante e ancora presunto uxoricidio. È la fine di Annamaria. 

Su questi nuovi riscontri probatori il gip Massimo Canosa stavolta ha firmato l’ordinanza cautelare in carcere contro l’ex vigile del fuoco, con la presunta accusa di omicidio volontario aggravato dal rapporto di coniugio. L’aveva invece respinta la scorsa estate, e dopo di lui anche il tribunale del Riesame dell’Aquila basata su perizie tecniche del Ris eseguite sui cavi elettrici trovati intorno alla gola della vittima. Il teorema accusatorio dà inoltre conto della circostanza che in casa, nello specifico nella cantina-garage della loro abitazione in località Villa Iconicella, c’erano solo loro due. E inoltre il fatto che Di Nunzio ha pure ostacolato le operazioni di soccorso omettendo l’immediata chiamata al 118, giunta alle 13.24, come confermato dalla stessa perizia informatica. Ai soccorritori l’indagato non ha neppure acceso la luce della rimessa dove giaceva il corpo senza vita della sfortunata Annamaria.

I nuovi elementi sono alla base di quelli già analizzati nell’immediatezza del delitto, ma ora maggiormente sviluppate. Per l’accusa la complessiva condotta di Di Nunzio si qualifica come azione finalizzata a porre termine alla vita della moglie, che si è concretizzato attraverso una forte compressione sul collo della donna con un cavo elettrico stretto al collo e fatto girare intorno alla gola per alcuni minuti. Una dinamica che appare compatibile con il decesso della collaboratrice scolastica. L’assenza di segni di difesa di Annamaria troverebbe spiegazione nel suo disperato tentativo di attenuare la stretta prendendo il filo elettrico in mano e implorando il marito di lasciarla. 

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Il Messaggero