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Un’altra nazionalizzazione. Dopo Autostrade per l’Italia tocca alla A24 e alla A25 tornare sotto l’ombrello pubblico. Un epilogo che in molti ritenevano ormai scontato dopo il durissimo scontro che va avanti da tempo tra il gruppo Toto, che gestisce le infrastrutture, e il ministero oggi guidato da Enrico Giovannini. Ieri il governo ha revocato la concessione a Strada dei Parchi per la gestione dei trecento chilometri di autostrade abruzzesi e laziali. Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che dà efficacia immediata alla risoluzione sulla base della procedura per grave inadempimento, attivata a dicembre 2021 dalla Direzione generale del Mims (Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili), in considerazione «delle molteplici criticità riscontrate nella gestione dell’autostrada, compreso l’inadeguato stato di manutenzione».
Il decreto dispone l’immediato subentro di Anas, con la garanzia che per gli utenti i pedaggi resteranno bloccati ai livelli del 2017 anche per il futuro. Strada dei Parchi, però, ha immediatamente annunciato battaglia, con una dichiarazione di fuoco che apre lo scenario di un contenzioso miliardario: «È un sopruso contro il quale reagiremo», hanno fatto sapere dalla società.
Che sarà soprattutto legale. Il mese scorso il gruppo Toto aveva fatto una mossa che, in qualche modo, ha anticipato la decisione di ieri. Aveva chiesto al ministero il «recesso» anticipato dalla concessione. La richiesta era stata accompagnata dalla quantificazione di un maxi indennizzo di 2,4 miliardi, calcolato secondo i parametri della stessa convenzione.
Lo scontro SdP - governo è arrivato all’epilogo dopo anni di tensioni e scontri. Dal 2012, tre anni dopo il terremoto che ha devastato L’Aquila, alle tratte autostradali è stata attribuita valenza strategica per legge e per questo è stata sancita la necessità dell’adeguamento sismico.
LA GENESI
Lavori quantificati in 6,5 miliardi circa di cui 2,1 che SdP si era dichiarata pronta a finanziare. Tutto, però, subordinato all’approvazione, mai avvenuta, del nuovo piano economico finanziario (Pef) che avrebbe dovuto ridisegnare i termini della gestione: le opere da eseguire ma anche l’annosa questione dei pedaggi, il cui incremento è stato fino ad ora bloccato via via da provvedimenti statali o unilaterali della concessionaria. I governi si sono succeduti, ma del Pef neanche l’ombra. Ecco perché si è arrivati alla rottura: da un lato l’apertura della procedura di revoca per «gravi inadempimenti», dall’altro la richiesta della società di interrompere la concessione a fronte di un indennizzo. Ora la palla passa ad Anas. Il decreto dice che sarà la società pubblica a dover fare tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e quelli straordinari. Avvalendosi del personale della vecchia concessionaria. Almeno per ora.
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Il Messaggero