L'Aquila, svelato il mistero: la nuova porta urbica si chiama "Poggio Santa Maria"

Porta Poggio Santa Maria
L'AQUILA - Si chiama Porta di Poggio Santa Maria il varco riscoperto nell’ambito dei lavori di restauro delle mura urbiche, nella zona della stazione ferroviaria. ...

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L'AQUILA - Si chiama Porta di Poggio Santa Maria il varco riscoperto nell’ambito dei lavori di restauro delle mura urbiche, nella zona della stazione ferroviaria.




Lo ha svelato ieri l’architetto Antonio Di Stefano nell’ambito di un partecipatissimo (ed emozionante) convegno sull’argomento che si è tenuto all’auditorium dell’Ance, alla presenza di studiosi, tecnici, associazioni. Finalmente, dunque, la nuova Porta ha un nome, attribuito attraverso il minuzioso studio delle fonti. In particolare Di Stefano ha citato un passaggio degli “Annali” di Ludovico Antinori in cui, parlando della visita del Duca di Calabria, giunto in città nel 1328, si fa esplicito riferimento a una Porta che faceva angolo e che volgeva a mezzogiorno. «Tutto è nato- ha raccontato con passione Di Stefano- quando all’indomani del sisma del 2009, tra le macerie di quella parte di mura crollata, ci accorgemmo di una pietra messa in verticale. Poi abbiamo trovato un paio di stipiti, mentre gli altri erano stati “rimurati” all’interno. Siamo riusciti a rimontare tutti i pezzi, con la cornice, nella loro posizione». L’immagine della Porta restaurata è stata salutata dalla platea con un sentito applauso.



I LAVORI - La notizia ha rappresentato la ciliegina sulla torta di un momento di incontro entusiasmante che è servito alla sovrintendente Alessandra Vittorini per dare brevi cenni sullo stato della ricostruzione dei beni monumentali, ma soprattutto per illustrare l’enorme lavoro, quasi concluso, per il recupero e la valorizzazione delle mura urbiche. Un appalto complessivo da 8 milioni, con finanziamenti europei (Por-Fesr 2007-2013), a cui manca praticamente solo l’ultimo tratto, quello che corre lungo viale Tancredi da Pentima che partirà a giorni. Un’operazione che ha intrecciato le necessità del recupero con la bellezza della ricerca storica. Di Stefano è partito da qui, dalla straordinarietà delle prime carte topografiche (Fonticulano, Vandi), dai primi atti della fondazione (il diploma di Corrado IV), dagli ideogrammi del frate Alessandro De Ritiis (XV secolo), dalle cronache di Buccio di Ranallo e Antinori. Un percorso suggestivo che ha consentito di accrescere ulteriormente il valore della “riscoperta” della cinta muraria, un tesoro quasi unico: con i suoi cinque chilometri è tra le più lunghe d’Italia.


Il lavoro di Di Stefano (progettista e direttore), coadiuvato da Claudio Finarello, Giovanni Carbonara, Mao Benedetti e Sveva Di Martino, ha consentito di ridare “vita” a porte, cinta e torri. Alcuni varchi sono ancora da scoprire (Porta Pilese), altri erano poco conosciuti (Porta San Lorenzo), altri sono stati recuperati grazie a cittadini che hanno rinunciato a porzioni di proprietà (Porta di Bagno). I problemi principali, oltre ovviamente ai danni del sisma, sono stati quelli legati all’incuria, al degrado, ai graffiti, alle erbe infestanti. Ecco perché Cesare Ianni, di “Jemo ’nnanzi”, ha proposto l’adozione da parte di singole associazioni di volontari di porzioni di mura, per garantire la cura e la conservazione. Mura che, per alcuni tratti, presto saranno percorribili grazie a strutture di legno poco impattanti e suggestivamente illuminate di notte. L’Aquila riscopre un altro tesoro. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero